La legalizzazione? Una battaglia tardosessantottina che non mi appartiene

Debbo dire che il tema della liberalizzazione e/o legalizzazione delle droghe leggere, e in particolare la cannabis, non mi ha mai appassionato. Prima di tutto, non l’ho mai considerato una priorità per la società, che ha problemi ben più gravi e seri da affrontare.

L’ho poi considerata sempre una battaglia di certa cultura tardosessantottina, che, orfana dei miti distrutti dalla storia e nostalgica della propria gioventù a base di ideologie e “canne”, spero di richiamarla simbolicamente in vita, almeno in parte, con un’altra di quelle battaglie che, non si sa a che titolo, considera “di civiltà”.

Ecco quindi che ogni tanto la questione riappare nel dibattito politico, in modo a volte grottesco, come è accaduto quando, dopo la sconfitta referendaria del 4 dicembre, il deputato Giacchetti del,PD (che era pure stato candidato a sindaco di Roma) affermò, in una assemblea del partito, che occorreva fare due o tre cose “urgenti”, fra cui appunto la legalizzazione della cannabis (sic!) e poi andare di corsa alle urne.

So bene che, oltre che alla sinistra, la battaglia per la legalizzazione delle droghe leggere sta pure a cuore a certa culturale liberale e libertaria.

Ma io mi permetto di dissentire dai ragionamenti che questa cultura liberale fa, e che sono bene esemplificati nel post di Dario Berti. Essendo, fra l’altro, il mio liberalismo niente affatto meccanicistico (non si tratta di applicare modelli astratti e “logici”a una realtà che logica non è), ed essendo invece basato soprattutto sul “bastiancontrarismo”,cioè su una buona dose di anticonformismo.

Credo che anche in questo caso sia giusto legiferare il meno possibile.

Legalizzare significherebbe invece mettere su una macchina amministrativa e di controllo sulla qualità e l’uso di cui non si sente davvero il bisogno. Certo, per il liberale la cosa da fare, come dice Berti, è far sì che ognuno scelga il progetto di vita che vuole, in piena libertà se non crea nocumento agli altri.

Giustamente lo Stato non può farsi etico e dite agli altri come devono vivere: se uno vuole rovinarsi la vita e la salute, che lo faccia pure!

Ma siamo sicuri che il tossicodipendente non crei danno agli altri? Che il suo comportamento non diventi aggressivo? Che alla guida di un velivolo, ad esempio non aumenti il pericolo di incidenti? Ed è proprio davvero così automatico che, in un mercato libero e controllato dallo Stato, la criminalità scomparirebbe d’incanto?

Sono dubbi che mi pongo e, se mi convincete del contrario, sono pure disposto a fare autocritica. Ma lasciatemi dire che tra tante liberalizzazioni da fare, quella della cannabis, oltre ad essere controversa, è anche la meno urgente che ci sia.

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