Quale libertà a rischio?

“La democrazia è a rischio, la libertà di parola è a rischio quando l’estrema destra è al governo”; più che sconcerto, l’affermazione di Elly Schlein al congresso eurosocialista di Amsterdam suscita ironia. Siccome è evidente il riferimento all’Italia, ci si domanda dove mai abbia visto una “estrema destra” al governo o, perlomeno, dove si debba cercare: sotto il letto, dentro la credenza, in cantina?

Il governo Meloni da molti osservatori è accreditato piuttosto su una linea di continuità ‘draghiana’, tanto da far ritenere di avere scontentato diversi suoi elettori. Anche se, malgrado ciò, il consenso sulla premier, sul governo, sui partiti di maggioranza è incredibilmente saldo.

Allora, c’è un problema di libertà e di democrazia nel nostro Paese? Sì e, tuttavia, non da oggi, né da tre anni e neppure da uno o due decenni. Fu Marco Pannella, un’era geologica fa, ad imbastire una campagna contro la partitocrazia, cioè la presa dei partiti sulle istituzioni, la loro occupazione sistematica della amministrazione pubblica e, attraverso di quella, il tentativo di condizionare le dinamiche sociali per finalità di accrescimento del consenso e del potere. Quei partiti che qualche Capo dello Stato, mi pare di ricordare, ha definito “sale della democrazia”, lo sono stati e lo sono, sì, ma nel senso dell’effetto che fa il sale – come, secondo una espressione popolare, fece Attila – sull’erba verde dei prati.

E di più: la questione della libertà in un modello statuale come quello contemporaneo, drammaticamente interventista, è semmai nell’agenda dei liberali (quelli classici, quasi esauriti, introvabili) e dei libertari, pochi sparuti individui del tutto marginali; non risulta, purtroppo, tra le preoccupazioni della classe dirigente politica contemporanea – di destra o di sinistra che sia – che si pone, quando va bene, problemi di efficienza della macchina statuale, giammai di drastica diminuzione del suo perimetro.

Se poi si deve estrarre dal ‘paniere delle libertà’ la libertà di pensiero o di espressione del pensiero, allora la contestazione di Schlein è proprio una fucilata a vuoto, contraddetta dagli eventi anche recentissimi: sono settimane e settimane che si fanno scioperi, manifestazioni e cortei, anche purtroppo con code di occupazioni e di violenza, violenza che le forze dell’ordine hanno mostrato e mostrano di gestire con pazienza e moderazione. Da chi è (stata) limitata o repressa, la libertà di parola? Beh, per l’appunto da frange effettivamente minoritarie di intolleranti, per lo più riconducibili ad ambienti di estrema sinistra. Alla fine è accaduto persino al mite Emanuele Fiano di subire questa odiosa riduzione al silenzio, colpevole di essere un “sionista”.

Eppure, eppure, il problema non risiede, in primis, in quei manipoli di facinorosi. Insiste bensì in quella maggioranza silenziosa e, in particolare, nei vertici di quelle istituzioni che dovrebbero garantire l’esercizio delle libertà negli ambienti di cui sono responsabili; nei tanti, troppi che restano inerti o che si eclissano del tutto di fronte alla protervia, alle prevaricazioni di pochi. In ciò manifestano tutti costoro il morbo strisciante, la piaga ininterrotta, quell’infestante malefico che prospera da tempo immemore, paralizza le energie e addormenta l’Italia e gli italiani, già stigmatizzato efficacemente da Piero Gobetti: il conformismo. Impastato – come fu e come è – di inconfessabili paure e di opportunistiche rinunce. Perciò conviene chiudere questa nota senza indugi, con le parole di un intellettuale del Novecento non casualmente negletto, uno piccolo di statura ma con un cervello agile e salace, quel Leo Longanesi che ebbe a dire che (in Italia) “non è la libertà che manca; mancano gli uomini liberi.”

Nato a Siena nel 1965 e vive a Firenze da oltre trent'anni. Laureato in giurisprudenza nel 1991, dopo una intensa militanza politica nel Partito Liberale (1984-1993) ha scelto di impegnarsi al di fuori del sistema dei partiti. Appassionato di arte, letteratura, filosofia e diritto, ha pubblicato “Dal patto al conflitto” (1999) - critica radicale alla concertazione e ai suoi riti - e due volumi di poesia - “Pomi Acerbi” (1997) e “All'oro” (2011) -, oltre a numerosi articoli, nell'arco di oltre 15 anni, per varie testate. Avvocato civilista e consulente di imprese, ha inoltre al suo attivo pubblicazioni e contributi in materia di responsabilità amministrativa di enti e persone giuridiche, di diritto e procedura civile e di normativa 'privacy'.
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