Liberalismo e democrazia nella società post-industriale

Mi pare insufficiente parlare di liberalismo e democrazia nel mondo contemporaneo, come qui fa Corrado Ocone, se non si fa anche un’analisi delle trasformazioni economiche e sociali delle nostre società.

Nessun determinismo economico s’intende, ma se non si tiene conto che il popolo (un tempo si diceva le masse) è culturalmente diverso da quello dei primi settant’anni del Novecento, non si può capire molto di quello che sta accadendo.

L’individualismo liberale non è più quello delle vecchie élite, si è trasformato nell’individualismo di milioni di individui che non intendono più riconoscere né autorità superiori al loro giudizio né maestri di sorta.

La società post-industriale ha segnato una svolta economica irreversibile che si è poi accompagnata ad una svolta antropologica e culturale. Temo che il principio “uno vale uno” non sia più la manifestazione di una concezione scettica del sapere e realistica della società, ma la pretesa arrogante di ognuno di imporre la propria “verità”, magari fondata sull’ignoranza, come l’unica.

Questa pretesa rischia di generare il caos sociale e la progressiva corrosione delle istituzioni della democrazia liberale che vivono di un delicato equilibrio fra autorevolezza delle élite e controllo popolare.

Ma dobbiamo anche chiederci: chi sono oggi le élite? di che tipo di cultura sono portatrici? che genere di vita conducono? che libri leggono?

Veramente mi sembrano del tutto lontane ed estranee alla cultura delle élite dei tempi della mia giovinezza e di quella di Dino. Nei casi migliori è una cultura di giuristi, di economisti e di altri specialisti, ma manca quella visione generale dei problemi che un tempo era data, anche in politica, dalla tradizione storico-umanistica.

Stretta fra tecnocrazia e populismo, la democrazia liberale si fa sempre più asfittica, le élite tendono a chiudersi in se stesse, a diventare autoreferenziali, e il cosiddetto popolo (in realtà una congerie di ceti sociali con interessi contrapposti, ma uniti soltanto nello scontento e in una rivolta plebea) a rifiutare istituzioni nelle quali non vede più la garanzia delle proprie esigenze vitali.

La vita cerca confusamente di inventare nuove forme entro cui incanalarsi.

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