Aldo Moro e il dolore del Paese dopo 44 anni. “La politica dell’attenzione”

Il 9 maggio 1978 venne ritrovato il corpo di Aldo Moro: fu Presidente del Consiglio dei Ministri italiano. Rapito e assassinato dalle Brigate Rosse, appunto, prima del suo ritrovamento in Via Caetani a Roma.
Nato nel 1916 a Maglie, in provincia di Lecce. Padre costituente, docente universitario e fondatore del partito della Democrazia cristiana di cui è stato anche presidente.
A 44 anni dalla scomparsa dell’illustre Moro ci si deve domandare se il nostro Paese oltre ad esser rimasto orfano di un padre della Repubblica (in senso costituzionale), sia rimasto altresì orfano di un padre politico a prescindere dal connotato partitico espresso in vita.
La domanda, in buona sostanza, si indirizza su un piano di trasversalità nel senso più orizzontale della dignità dei c.d. partiti e della coscienza politica (a prescindere se maturata o meno) di ognuno di noi.
Non a caso si usa il termine trasversalità per tradurre meglio il concetto per cui Aldo Moro è di tutti, di tutto il Paese, di tutte le culture politiche (socialisti, liberali, ecc.).
Tra le tante massime, discorsi, ragionamenti e scelte di Moro ci sono tre aneddoti che ricordare oggi, con dovuto rispetto, sarebbero la rappresentazione pratica di come esista un seme della “riqualificazione” politica, laddove, con quest’ultima parola si vuole ispirare al tema della partecipazione al processo democratico con l’attenzione dell’appassionato e, al contempo, del caritatevole.
Riqualificare, invece del “rinnovare” (termine abusato nel tempo per suscitare clamore elettorale), è in sé un vero e proprio principio-fine di quell’aspetto continuamente e ciclicamente programmatico a cui deve attendere la politica se davvero si tiene conto del ruolo costituzionale dei partiti.
L’insegnamento profondo, umano e di filosofia politica, che Moro ci ha donato con la sua testimonianza porta, quindi, un frutto che ritroviamo nell’art. 49 della Costituzione. “Tutti i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale”; questo recita l’articolo della nostra Carta fondamentale in questione.
Attore principale: il cittadino, la persona. Ha diritto di associarsi liberamente. In cosa? In partiti. Elemento strutturale ed imprescindibile della partecipazione. Perché? Perché seppure il partito è “una parte” deve tendere all’universale e cioè a quanto più largamente condivisibile con le altre parti. Con che metodo?
Concorrendo in maniera democratica. È qualcosa di incredibile questo principio perché implica che la politica debba essere vigile, sensibile, attenta al popolo e a come si esprime verso quest’ultimo.
L’idea di Moro, solcando il terreno dell’articolo 49 su riportato, era proprio su quel binario dell’attenzione.
Egli non si preoccupava, però, di fare attenzione a sé stesso. D’altronde il rapimento ad opera delle Brigate Rosse avvenne per l’eccessivo senso di normalità di Moro. Un senso profondo di parità con il prossimo che lo portò a sognare un Paese quanto più orientato ai Governi strutturali (cioè quelli che, pur nelle diversità e nelle differenze, rasserenano il Paese).
È così che in un celebre discorso durante il primo congresso della Democrazia cristiana pugliese, il 15 giugno 1969 a Bari, illustrò quale fosse l’idea della riqualificazione politica, costante e ciclica, mediante la strategia dell’attenzione: opera dell’Uomo politico che include ascolto e soprattutto silenzio. Riflessione.
Cos’è, allora, la strategia dell’attenzione?

È “ispirazione” che, stando alle parole del discorso nel sessantanove, tende ad inventare un nuovo rapporto con la società. Il seme moroteo, d’altronde, fu questo: “dobbiamo inventare un nuovo collegamento umano, dobbiamo trovare delle soluzioni tecniche ai grandi problemi di giustizia per il Mezzogiorno, di giustizia per le categorie sociali che sono ai margini ancora; dobbiamo trovare soluzioni, ma dobbiamo trovare soprattutto un modo di collegamento umano, creare una fiducia per stabilire con un equilibrio nuovo tra sociale e politico, un nuovo equilibrio politico, un novo assetto della società italiana”.
Come far crescere la pianta dell’attenzione?
Tre momenti di innaffiamento: consapevolezza difronte alla realtà sociale e politica nel suo complesso; rinuncia ad una posizione passiva e cioè alla difesa pure e semplice del potere; prontezza a cogliere i segni dei tempi.
Ecco perché, per Moro, la “vera libertà si vive faticosamente tra continue insidie”; una libertà che per validarsi dinanzi alla vita reale ha bisogno di rifarsi alla partecipazione.
Quella che solo la dignità di partiti in costante ricerca di riqualificazione può concorrere a costruire allontanando i populismi e rinfrescando l’essenza popolare.
La democrazia non è sinonimo di debolezza benché, spesso, si voglia indebolirla come accaduto, ad esempio, con l’uccisione del grande Aldo Moro.

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