In un momento in cui i mercati guardano con sospetto ogni rallentamento dell’economia, l’Italia si trova di fronte a sfide che non sono solo temporanee, ma strutturali. È necessario che la politica economica – oggi più che mai – guardi al lungo periodo, mettendo al centro la crescita e il lavoro.
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Disoccupazione: il “6 % fisiologico” non è più sostenibile
Negli anni scolastici universitari, nel dibattito accademico si citava un tasso di disoccupazione del 6 % come livello “fisiologico”, ispirandosi spesso all’esperienza statunitense. Tuttavia, per l’Italia di oggi un 6 % non è affatto fisiologico: è già un segnale di allarme.
Secondo i dati provvisori dell’ISTAT, ad aprile 2025 il tasso di disoccupazione è sceso al 5,9 % (–0,2 punti rispetto al periodo precedente) e il tasso di disoccupazione giovanile (15-24 anni) si è attestato al 19,2 % (–1,2 punti) .
Nel secondo trimestre 2025, il tasso di disoccupazione resta stabile al 6,3 %, con un tasso di attività (persone in cerca + occupati) del 33,0 % .
Questi dati mostrano una leggera tendenza al miglioramento, ma non trasformano la situazione: restano zone di fragilità, specialmente quanto a disoccupazione giovanile e aree geografiche con livelli di disoccupazione strutturalmente più alti.
Il tema demografico aggrava il problema: la popolazione in età lavorativa (15-64 anni) è in riduzione — nel decennio 2013-2023 si è ridotta di circa 1,6 milioni di unità — con conseguenze sulla capacità del mercato del lavoro di “rigenerarsi” .
In questo contesto, portare il tasso di disoccupazione a livelli molto bassi non è soltanto un esercizio retorico: è un’urgenza. Senza un mercato del lavoro pienamente dinamico, l’Italia rischia di restare intrappolata in una stagnazione di basso livello.
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Crescita e debito: vincoli incalzanti
Gli ultimi anni hanno mostrato una crescita tenue. Il PIL italiano in volume è cresciuto dello 0,7 % nel 2024, lo stesso incremento registrato nel 2023 .
Secondo i dati di finanza pubblica, il deficit pubblico è passato dal valore drammatico del 9,4 % del PIL nel 2020 al 3,4 % nel 2024 . Nel Documento di Economia e Finanza (DEF) di aprile 2025 si prevede che già nel 2026 il deficit scenda sotto la soglia del 3 % stabilita dal Patto di Stabilità europeo .
Sul fronte del debito pubblico, la dimensione del vincolo è ben nota. A fine 2024 il debito delle Amministrazioni Pubbliche italiane era pari a 3 miliardi di euro, con un rapporto debito/PIL che nel 2024 è stato stimato attorno al 135,3 %.
Nel primo trimestre del 2025 il rapporto è salito fino al 137,9 % del PIL, segnalando una dinamica che non può essere ignorata.
La prospettiva è chiara: se la crescita non si rafforza, il rapporto debito/PIL continuerà a peggiorare, aumentando il peso degli interessi e comprimendo lo spazio di manovra del bilancio pubblico.
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Manovra economica: tra tecnicismi e visione politica
La manovra presentata dal Governo Meloni è essenzialmente una manovra tecnica, orientata al consolidamento fiscale piuttosto che alla redistribuzione politica o elettorale. In questo senso, l’obiettivo non è massimizzare il consenso nell’immediato, ma dare stabilità ai conti nel medio termine.
Il dossier banche rappresenta, infatti, uno dei maggiori nodi: serve uno sforzo di equilibrio tra risanamento, tutela del risparmio e gestione dei crediti deteriorati.
La speranza implicita sembra essere che, nei prossimi anni, questa stessa stabilità politica – basata su una prospettiva sovrapponibile alla durata di una legislatura – possa dare il tempo necessario per realizzare riforme strutturali che promuovano crescita, produttività e occupazione.
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Il risveglio dello Stato sociale e la centralità del welfare reale
Se il Covid ha sancito un parziale ritorno dell’economia keynesiana — cioè del ruolo attivo dello Stato come stabilizzatore — l’esperienza post-pandemica ha rafforzato una consapevolezza: non possiamo fare a meno del welfare reale.
In Italia, la sanità pubblica è il pilastro più concreto del welfare. Senza un sistema sanitario forte, non c’è protezione sociale credibile. Ma esiste anche un welfare “invisibile”, incarnato soprattutto dalle donne: la cura della famiglia, il supporto generazionale, la gestione quotidiana. Quel doppio ruolo di lavoratrici e custodi dei legami sociali è una risorsa del Paese — spesso negletta nei piani economici.
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Politica e orizzonte temporale: oltre l’“hype” delle urne
La vera sfida è culturale. Troppe volte la politica è pensata a scadenza elettorale: proclami, slogan, visibilità. Ma l’Italia oggi ha bisogno di visione a 10-15 anni, non di promesse per i prossimi mesi.
Un Paese con un tasso di disoccupazione giovanile alto, con un debito/PIL nell’ordine di quasi 140 %, con una crescita sotto l’1 % non può permettersi il lusso della tattica a breve.
Serve un patto sociale che metta al centro lavoro, infrastrutture (materiali e immateriali), istruzione e parità di genere. Solamente così potremo davvero dare concretezza all’idea che “non guardo quest’anno, ma l’Italia dei prossimi decenni”.
Si è laureato in Banking and Finance presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, da molti anni lavora nel mondo della finanza tra Londra, Milano e Parigi. È membro del BNP Innovators Program, iniziativa dedicata allo sviluppo di progetti di innovazione tecnologica nel settore bancario. Appassionato di economia, tecnologia e politiche pubbliche, partecipa attivamente a iniziative di volontariato e di partecipazione politica.