Italiani, brava gente. Tra professione di fede e razzismo sfrenato. Sacrificio simbolico o fantasma sacrificale? Con Recalcati, alla ricerca di una chiave di lettura convincente.  

Il sacrificio è una trappola fantasmatica quando si impone come una camicia di forza che costringe la vita alla propria umiliazione. Per Freud, più precisamente, quando diviene una meta della pulsione. Si deve allora tornare a distinguere con precisione il sacrificio simbolico e il fantasma sacrificale in senso stretto.

 

Contro il sacrificio.

Al di là del fantasma sacrificale

Massimo Recalcati

Raffaello Cortina Editore, 2017

 

La lettura dello psicanalista e filosofo è di quelle che incanta. Per capire come Recalcati abbia tenuto incollate masse di spettatori nelle sue incursioni notturne su RAI 3, lo scorso inverno, basta davvero leggerlo. L’esercizio funziona e avvinghia al testo se poi si cerchi, in quelle pagine, un conforto rispetto all’affanno di una realtà che pare sempre più liquida e incomprensibile.

Negli ultimi anni accade che non ci si spieghi ad esempio l’assoluta schizofrenia di un popolo che mentre si professa spiccatamente cristiano, si ritrovi perfettamente a proprio agio pur in balìa di una evidente e dominante deriva razzista.

Seppure da un’ottica del tutto laica, bisogna allora provare a mettere in fila un paio di elementi: l’ostentazione di una fede che, almeno in teoria, predica il sacrifico e l’amore per il prossimo con la giornaliera, furibonda, battaglia dei penultimi contro gli ultimi.

E se questa è una guerra dai tratti talvolta oscuri, per capire forse basta fermarsi a guardare. In un giorno qualunque, c’è dapprima una notizia di cronaca, che può essere una qualsiasi. Nell’ultima settimana di luglio si è trattato ad esempio della terribile morte per accoltellamento, in un quartiere bene della capitale, di un giovane carabiniere in servizio.

Degli aggressori si è subito detto che fossero due nordafricani. Sul web come nei bar, sono partite  feroci le crociate contro i soliti migranti, presto abortite in un silenzio colpevole davanti alla realtà: le indagini degli inquirenti identificavano gli assassini in due giovani statunitensi, bianchi e persino benestanti.

Dietro l’odio che trasuda da certe reazioni – è fin troppo ovvio – c’è chi soffia sul fuoco di una crisi economica e sociale che dura ormai da troppo tempo, per non aver sfiancato e abbrutito  intere generazioni.

C’è la propaganda di governo che istiga ed aizza i disoccupati, i cassintegrati, gli esodati, i senza-casa e i senza-futuro contro i poveri del mondo che hanno già le loro personali tragedie, di dimensioni umanitarie, da cui fuggire. Quello che accade intorno a noi, rimbalzando su ogni possibile canale di comunicazione, è forse fenomeno sul quale dovremmo però ragionare. Gridare “alt al gioco”, per cercare di capire. Domandandoci perché, arriveremmo forse a trovare sollievo nello scoprire risposte antiche in grado di spiegarci i mali moderni.

Proprio in questa prospettiva, Recalcati passa in rassegna fondamentalismi, estremismi, terrorismi, autoritarismi; mischia il concetto del bene e del male e lo sposta dal piano della declinazione cui siamo abituati a quello di una nuova dizione, conducendo noi stessi al di là di quel bene e di quel male.

Su queste sollecitazioni si può anche tentare di rendere la distanza tracciata tra sacrificio simbolico e fantasma sacrificale quasi un grimaldello, per scardinare la fissità di certi meccanismi.

Per tornare all’ossimoro tra chi predica l’amore mentre si scaglia, violento, contro i più deboli, Recalcati, tra gli altri, scomoda Nietzsche. Cita la severità del suo giudizio sui preti che – a suo stesso dire –  non lascia scampo: <<molti di loro hanno sofferto troppo: così vogliono far soffrire gli altri. (…) Si proposero di vivere come cadaveri, di panni neri vestirono il loro cadavere; anche i loro discorsi sanno per me dell’aroma cattivo dell’obitorio>>.

La lettura nietzschiana del cristianesimo che quelle pagine ci suggeriscono è in grado di svelare un passaggio chiave. Al centro c’è ciò che l’autore chiama per l’appunto fantasma sacrificale <<si tratta di una “economia crudele”, di un “contratto di debito e credito, di sacrificio e di vendetta”(…) Sarebbe questo il “colpo di genio del cristianesimo”: trasformare Dio in un creditore che offre se stesso al suo debitore estinguendo ogni forma di debito>>.

Comprendiamo che, se fosse davvero così, l’ossimoro non ci sembrerebbe neanche più tale, muovendosi legittimamente anche i più ostentatamente cristiani sul piano della logica della convenienza. Una simile lettura del cristianesimo è tuttavia già stata definita perversa, perché indicativa di una forma di mercimonio: << “Dio getta l’umanità nel peccato al fine di creare l’opportunità di salvarla per mezzo del sacrificio”>>.

Ma se questo è l’identikit dell’uomo religioso, quello nel quale finora non si capiva bene come convivessero fede e razzismi, dobbiamo stare attenti: la ricostruzione spiega il presente riportandoci agli abissi del passato. Il pensiero resta sul sacrificio ma corre al “Mein Kampf”, a quanto teorizzato da Hitler per giustificare e avallare la dimensione della razza ariana, la sua superiorità e la sua consacrazione alla Causa. Entra in scena la Storia con la S maiuscola, insomma, che qualcosa dovrebbe pur averci insegnato.

Ma, allora, come se ne esce? Se puntare sul sacrificio non funziona perché sottende una logica mercantilistica, bisogna forse cercare un’altra etica.

E se ce ne fosse una che Lacan – prontamente richiamato da Recalcati – ci dice slegata da quei lacci? Se ci fosse un’etica che ci invitasse a non cedere sul nostro desiderio?

Forse sarebbe un bene per tutti, credenti e non. È forse a quella che bisognerebbe indirizzare lo sguardo, fino a vedere là dove si compie la coincidenza della Legge col desiderio.

Potremmo suggerirlo allora anche ai fedeli, a quanti affollano le chiese di domenica mattina e appena sul sagrato sputano veleno contro i più deboli e i più disperati, dai quali si sentono invasi e chissà come persino minacciati.

A questi, se proprio volessero mettersi al pari con il Dio che dicono di ossequiare, il filosofo offre una bella versione della predicazione di Gesù che <<introduce al cuore della Legge l’esperienza della grazia e del perdono, cioè dell’eccezione alla regola>>.

E qui siamo allo snodo: la sovversione del fantasma sacrificale che svela una divinità differente, <<un Dio cristiano che non esige sacrificio, ma solo amore>>.

Le risposte che cerchiamo quando siamo confusi accade che possano essere ovunque. Spesso si annidano persino dentro a letture in cui può succedere di imbattersi per caso, in una mattina d’estate, mentre si cerca di ridare profondità a un presente di separatezza e di confini.

 

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