Note a margine degli otto punti: da numero a formula per la ripresa

Nell’emergenza provocata dalla pandemia di Covid 19, tra le ineludibili difficoltà di gestione sanitaria, sociale ed economica e le preoccupazioni sulle prospettive di futuro, si colgono dai più diversi contesti segnali potenti della volontà di una ripresa che possa essere occasione di un rinnovamento del sistema valoriale in una visione, personalistica e solidaristica, che ponga al centro l’uomo ed i suoi bisogni.

A questi segnali, resi più preziosi dall’estrema difficoltà della contingenza, si può guardare come a punti di luce, di per sé piccoli ma capaci, se valorizzati e aggregati, di segnare una traiettoria che conduca oltre il buio di questa crisi, inducendoci a confidare in quel paradosso che spesso vede le scintille di un positivo cambiamento generate proprio dalle vicende storiche più drammatiche.

In questo quadro, tra i contributi più autorevoli, si inseriscono gli otto punti elaborati dalla Fondazione Einaudi, che muovono, coerentemente con il fondamento dell’istituzione, dalla necessità di sostenere il tessuto economico e produttivo con misure urgenti ed efficaci, preservando la possibilità stessa della ripresa.

La formulazione della proposta reca riferimento all’esigenza di scongiurare un ritorno massiccio alle nazionalizzazioni, evocando un dibattito, invero mai del tutto sopito, che ha ripreso di recente vigore in concomitanza con crisi di grandi imprese, nell’ambito di più approfondite riflessioni sull’obiettivo di una crescita economica non disgiunto dal soddisfacimento dei bisogni fondamentali della persona, nel rispetto dei fondamentali principi di solidarietà ed eguaglianza cristallizzati nella Costituzione.

E’ opinione condivisa che nelle trame della nostra Carta costituzionale si sia voluto definire non un modello economico ma un quadro costituzionale di riferimento, stante anche la posizione di minoranza in seno all’Assemblea dei sostenitori del libero mercato,  nel quale il punto di equilibrio è stato individuato nella realizzazione dei fini di utilità sociale, con legittimazione dell’intervento del soggetto pubblico al fine di rimuovere ostacoli di ordine economico e sociale e di assicurare il soddisfacimento di determinati bisogni della collettività. Ed è proprio questa capacità nella elaborazione del Titolo III di costituire, come efficacemente affermato, un “ponte lanciato verso il futuro”, che ha consentito, a costituzione invariata, di attuare, in diverse epoche, differenti modelli in funzione delle esigenze avvertite come prioritarie.

A prescindere ed oltre le differenze ideologiche, proprio la gravità della crisi provocata dalla pandemia può consentire di individuare un metodo comune, anteponendo i fatti alle considerazioni, con una diversità di approccio che miri ad obiettivi fondamentali, riconoscendo un valore intrinseco ad idee e proposte per orientare le azioni nella direzione più efficace, con l’auspicio che questi contributi possano arricchire e appassionare chi quelle azioni deve compiere. E’ a valere in ogni contesto la considerazione che si inizia a ragionare quando diventa indifferente avere ragione. Ed è questa una formula nella quale gli otto punti si prestano ad essere inseriti quali strumenti non solo condivisibili e da condividere ma capaci di sollecitarne altri che pure possono concorrere nella stessa direzione.

In tale prospettiva, quale contributo di riflessione nella logica di una propulsione di idee, si potrebbero valutare anche i seguenti punti:

  • rendere più vantaggioso l’investimento in equity delle società quotate e non, attraverso misure di detassazione di dividendi e capital gain, purché le somme vengano reinvestite, in una percentuale ed entro un termine previsti;
  • prevedere una più ampia fiscalizzazione degli oneri sociali a favore delle imprese che mantengano determinati indici di occupazione, magari finanziando la misura con bond europei a nove anni (da sostenere fortemente);
  • prevedere l’emissione di un titolo, sempre a nove anni, del Tesoro o di CDP, ma riservata ai risparmiatori italiani e destinata a finanziare progetti di crescita, prevedendo la deducibilità dell’acquisto.

Plurime ragioni, peraltro, inducono ad escludere un “ritorno” alle nazionalizzazioni per come le stesse si caratterizzarono nel dopoguerra. Vi ostano ragioni giuridiche, legate all’attuale assetto ordinamentale sia eurounitario che nazionale, nel quale, anzi, la scelta operata con i d. lgs. n. 50 del 2016 e n. 175 del 2016, ritenuta pienamente conforme al diritto europeo (Corte di Giustizia, sez. IX, ord. 6 febbraio 2020, nelle cause riunite C-89/19 e C-91/19), è stata nel senso di limitare la partecipazione societaria pubblica e lo stesso ricorso all’in house attraverso oneri motivazioni rafforzati. Ostano ragioni economiche, legate all’esiguità delle risorse pubbliche, in termini tali da rendere una opzione radicalmente orientata su quel modello praticamente irrealizzabile. Osta, ancora, il mutato quadro mondiale, nel quale le dinamiche della globalizzazione ne minano in premessa le prospettive di successo, in specie in settori strategici che sono stati aperti alla liberalizzazione e che producono effetti condizionanti su tutti gli altri.

Il riferimento è, a tal riguardo, al settore delle comunicazioni, nel quale è fortemente avvertita l’esigenza di un quadro regolatorio chiaro e completo, inserito in una pianificazione reale, coerente ed unitaria e supportato da un coordinamento imprescindibile nella definizione, gestione e sviluppo infrastrutturale, con il rafforzamento di forme di collaborazione pubblico privato nella combinazione di modelli differenti, necessariamente integrati, ma con una regia unitaria capace di superare le asimmetrie dei diversi operatori anche attraverso l’attribuzione di un potere sostitutivo da azionare ove necessario. L’attuazione di tale progetto costituisce l’insostituibile detonatore per promuovere un virtuosismo, in primis, tra economia della conoscenza ed economia dei servizi a beneficio dell’intera collettività, assurgendo a primo fondamentale punto di una strategia di ripresa e, anzi, a premessa ineludibile, in assenza della quale ogni iniziativa si esaurirebbe entro i ristretti margini della gestione della contingenza.

 

 

 

 

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