I deliri ideologici sull’abolizione del merito

Dopo l’aggiunta del termine “Merito” al Ministero dell’Istruzione, una certa area della sinistra ha intonato la mai dismessa nenia avversa al concetto di merito.

Chiariamo subito una questione fondamentale: discutere in cosa debba consistere il merito non è il fine di questo articolo, e rappresenta una domanda separata da quella che tratterò, che è la seguente: la società umana può a fare a meno del merito? Perché esiste il merito? Nonostante gli uomini abbiano parlato di merito in ogni epoca, qualche fantasioso professore ha sostenuto che il concetto di merito sia nato negli anni ’70, a causa di una sbagliata interpretazione di un romanzo distopico. Tanto per fare un esempio, Smith parla di merito già nel 1759 proprio così come lo intendiamo noi. Ma gli esempi sono ben più numerosi.
Comunque, non ci chiederemo chi o cosa debba essere riconosciuto meritevole (per esempio: un calciatore che guadagna moltissimi soldi è più meritevole di un dipendente “tradizionale” che svolge egregiamente il suo lavoro?). Siccome le lamentele provenienti da sinistra sembrano suggerire che dovremmo fare a meno del merito, perché merito “significa legittimare le disuguaglianze sociali”, “merito è una costruzione politica per prevaricare”, merito è lasciare indietro chi è meno bravo, “costringere al fallimento chi non è adeguato”, ci chiederemo qui se possiamo abbandonare il merito e fare sì che non ci sia fallimento alcuno o frustrazione.
Spoiler: il merito non è uno strumento di dominio sociale, ma l’inevitabile conseguenza della libertà di scelta, e non ne possiamo fare a meno.
Ogni volta che scegliamo qualcosa prodotta da qualcuno, rispetto a qualcos’altro prodotto da qualcun altro, assegniamo implicitamente a ciò che preferiamo l’etichetta di più meritevole. I nostri soldi sono la ricompensa per chi noi abbiamo ritenuto più meritevole.

Innanzitutto, che cos’è la meritocrazia? Un contesto meritocratico si ha quando chi è meritevole viene premiato per il suo merito. E chi decide chi è meritevole? Dipende. A titolo di esempio, in uno Stato fortemente autoritario e centralizzato, un gruppo di amministratori potrebbe stilare dei parametri in base ai quali creare delle classi sociali di più o meno meritevoli. Meritevole potrebbe essere chi ha gli occhi azzurri, chi è obbediente, chi fa la dieta vegana.

Nel sistema del libero mercato sono i consumatori a decidere chi è meritevole. Gli esseri umani si incontrano per scambiarsi cose di cui hanno reciprocamente bisogno e per facilitare gli scambi utilizzano la moneta. Chi vende più cose, soddisfa più bisogni, e guadagna più moneta. Ossia, nel sistema del libero mercato è più meritevole chi soddisfa maggiormente i desideri consumatori. La ricompensa è il denaro dei consumatori. In questo sistema può accadere che un uomo venga ritenuto meritevolissimo (guadagni milioni) per dare dei calci ad un pallone. Se sia giusto che un calciatore guadagni più di altri non è, come già dicevamo, lo scopo di questo articolo. Semplicemente, si voleva così far notare che il merito, nel libero mercato, consiste nell’apprezzamento dei consumatori: milioni di persone si riuniscono davanti alla TV, nei pub e allo stadio perché godono a guardare il calcio, quindi i calciatori guadagnano tanto. Il merito, all’interno del libero mercato, altro non è che un principio democratico. Se tante persone in un determinato momento apprezzano di più il calcio rispetto al ping pong, o il rock rispetto al Jazz, i produttori dei generi più apprezzati saranno più meritevoli (guadagneranno di più).

Questo non è un articolo sulla metafisica del merito, né tantomeno un articolo per criticare o glorificare i gusti dei consumatori. L’esempio del libero mercato è stato inserito al fine di mostrare come e da dove nasca il merito.

Infatti, è il principio tanto ovvio quanto naturale per cui l’uomo vuole per sé ciò che ritiene più conveniente, a creare il concetto di merito.

Che significa?

Quando acquistiamo un album musicale per le composizioni che più ci aggradano, implicitamente scegliamo un’artista più meritevole, che riceve i nostri soldi. Quando compriamo un’automobile scegliamo i designer che hanno disegnato la forma più attraente, o gli ingegneri che hanno prodotto il motore più prestante, o qualsiasi cosa potremmo mai desiderare. Quando camminiamo su un ponte vogliamo che sia il più sicuro possibile, ossia che sia stato costruito dagli ingegneri migliori. Insomma, ogni volta che scegliamo qualcosa, creiamo il concetto di merito. Il merito è quello che succede quando scegliamo A rispetto a B: chi ha prodotto A viene implicitamente riconosciuto meritevole e gode i benefici del suo merito (che consiste nel soddisfare i nostri desideri).
Rinunciare all’idea che possa esserci un gelataio meritevole, ed uno meno meritevole, significa semplicemente rinunciare alla possibilità di mangiare il gelato nel luogo che preferiamo.
Il punto, quindi, non è cosa desideriamo, ma se desideriamo. Ovviamente l’uomo desidera, ed ha determinati set di preferenze. Non desiderare significherebbe abbandonarsi aleatoriamente a ciò che succede: non dovremmo avere gusti di alcun tipo. Il cibo, il lavoro, la poesia, l’amore, dovrebbero esserci tutti indifferente.
Chi chiede di abolire il merito, non si rende conto di chiedere allo stesso modo di abolire le preferenze, i gusti, i desideri, la libera scelta.
Gli esseri umani possiedono diverse capacità, e che le migliori capacità siano applicate e possano sfruttare tutto il loro potenziale permette al lato opposto della medaglia, ossia ai consumatori, di godere dei frutti di queste capacità. Mentre il calciatore meritevole, l’ingegnere meritevole, il rapper meritevole, l’avvocato meritevole si arricchiscono e sembrano aumentare le diseguaglianze sociali, quello che sfugge alla sinistra è che anche le controparti godono: godono nel vedere un calciatore segnare per cui decidono liberamente di pagare, nell’essere serviti da un avvocato preparato e così via per ogni bene o servizio di cui hanno bisogno .

Che i Maneskin guadagnino milioni non è la conseguenza di un assetto politico volto a legittimare le disuguaglianze sociali, ma semplicemente la necessaria conseguenza della nostra possibilità di scegliere la musica che più ci aggrada. Ovviamente, quando alcune persone riescono a soddisfare tantissime persone, possono arricchirsi enormemente. Mentre si arricchiscono e godono del loro merito, tutti i consumatori che acquistano i loro prodotti sono a loro volta soddisfatti dall’aver potuto godere della musica che ritenevano più meritevole. Per 4 Maneskin che si arricchiscono a dismisura ed alimentano il lamento della diseguaglianza, ci sono milioni (milioni!) di persone che ogni giorno provano sollievo nell’ascoltare i loro pezzi. Il ristoratore che offre, rispetto ad un concorrente, la stessa qualità del cibo ma ad un prezzo maggiore, fallirà, non perché vogliamo legittimare il fallimento o la delusione, ma perché vogliamo essere liberi di scegliere il ristorante migliore per noi.

Quindi scegliamo in massa di ascoltare Fedez, o di vedere il Milan allo stadio, ed il frutto delle nostre preferenze, ossia il nostro pagare per ciò che preferiamo, crea una gerarchia di meriti.
Si nota, in questa sinistra di belle anime, la solita tendenza a non proporre alcuna soluzione pratica.
Quale dovrebbe essere la negazione teorica del merito? Un mondo dove basta volere per avere? Chi vuole può essere premio Nobel, campione di scacchi, grande poeta? Un’allocazione casuale delle occupazioni? Dovremmo forse decidere con la roulette chi deve progettare gli edifici A, B, C?
In sostanza, la sinistra vede solo un lato della medaglia. Così, per esempio, immaginiamoci un appassionato ristoratore, Giovanni, che apra il suo primo ristorante. Costui progetta un menù super innovativo, studia per anni, chiede un finanziamento, dedica anima e corpo al suo ristorante lavorando giorno e notte. Tuttavia, all’apertura il ristorante non va bene e dopo qualche anno di stenti Giovanni è costretto a chiudere. Questa storia evoca, giustamente, sensazioni spiacevoli che vorremmo poter evitare. Tutti sono dispiaciuti per Giovanni, e tutti ritengono lo scenario in cui Giovanni ha un ristorante che va a gonfie vele uno scenario migliore. La sinistra vede che per ogni meritevole creato dalla libertà di scelta dei consumatori, allo stesso tempo vengono creati dei non meritevoli, e si lamenta. A ben dire, perché a nessuno piace l’idea che ci siano dei fallimenti, delle frustrazioni, delle difficoltà. Per ogni vincitore del disco di platino, ci sono schiere di musicisti che non sono stati ammessi ad X Factor, per ogni vincitore del Pallone d’oro ci sono schiere di calciatori ritirati, per ogni ristorante 3 Stelle Michelin ci sono ristoratori che hanno dovuto chiudere per non essere riusciti ad attrarre abbastanza clienti. E’ bello? No, certamente. Ma l’alternativa è che ognuno rinunci a scegliere qualsiasi cosa. Che è peggio.

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