Comunisti, Fascisti e Nazisti fuori dall’Europa. Decisione e necessità politica.

Avete mai sentito parlare della decisione del Parlamento Europeo del 19 settembre del 2019[1]?

Si tratta di una decisione politica di portata storica: condanna unanime a livello comunitario di quel che sono stati il comunismo, il fascismo e il nazismo.

Il tratto è chiaro: non solo rafforzare l’importanza della memoria per il futuro dell’Europa, ma soprattutto eradicare i fenomeni totalitaristici partendo da un riconoscimento quasi continentale.

La risoluzione, infatti, inizia con una presa d’atto solenne “visti i principi universali dei diritti umani e i principi fondamentali dell’Unione europea in quanto comunità basata su valori comuni” nonché “vista la Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo delle Nazioni Unite adottata il 10 dicembre 1948”.

Una premessa che non lascia ombre di dubbio su ciò che contraddistingue l’identità europea come spazio di libertà e democrazia anti-totalitaristico.

D’altronde il passaggio sul perché occorra una risoluzione comunitaria è esplicativo di come l’Unione Europa in sé voglia spronare (perché la risoluzione è atto politico a vincolatività debole[2]) gli Stati membri a darsi da fare per rendere gli ordinamenti interni effettivamente denocciolati da qualsivoglia nomenclatura o reviviscenza di matrice comunista e nazi-fascista.

Mentre in Italia esiste una legge contro la ricostituzione dei partiti nazisti/fascisti (c.d. Legge Scelba[3] n. 645/1952 e successive modifiche), non c’è ancora una normazione apposita per quelli di radice comunista.

È questa una lacuna politico-giuridica che il nostro sistema ordinamentale si porta dietro dai tempi della Costituente e della Carta costituzionale[4] stessa che pur non enunciando, espressamente, l’anticomunismo ne ha perimetrato la sua fuoriuscita programmatica e programmata nei principi fondamentali. Ciò al contrario della disposizione transitoria in ordine al fascismo: “XII. È vietata la riorganizzazione, sotto qualsiasi forma, del disciolto partito fascista. In deroga all’articolo 48, sono stabilite con legge, per non oltre un quinquennio dall’entrata in vigore della Costituzione, limitazioni temporanee al diritto di voto e alla eleggibilità per i capi responsabili del regime fascista”.

Il perché risiede in una triplice valutazione:

  • primo perché i comunisti italiani erano legatissimi (se non quasi sottoposti) al comunismo sovietico stalinista uscito vincitore dalla Seconda guerra mondiale;
  • secondo perché i comunisti, dietro la vittoria bellica, si vollero intestare unanimemente la liberazione del Paese dai fascisti e dai nazisti;
  • terzo per una ragione di risultato in quanto tale ovvero che rimasero dalla parte dei vincitori.

La verità è, però, che l’Italia è stata liberata dagli Alleati e dalla coraggiosa attività dei partigiani nonché dei resistenti tutti i quali non erano connotabili come omogeneamente comunisti o di sinistra. Erano semplicemente patrioti, persone che tenevano alla rinascita del Paese sotto un nuovo cappello di Stato: libero e democratico.

Che poi a questa “liberazione del Paese” possono aver partecipato anche comunisti filo-sovietici ben venga, ma si dia atto e per assodato che le ragioni di quest’ultimi erano ben altre ideologicamente: sostituire un regime con un altro. Dal fascismo al comunismo.

Ed è stato grazie, appunto, al fronte di liberazione ed agli Alleati che l’Italia ha conseguito il risultato di una Costituzione e di una Repubblica democratica (non socialista o comunista – vedasi la Cina).

Allora, cerchiamo con serietà di affermare che oltre al fascismo ed al nazismo dobbiamo impegnarci come Paese a scremare definitivamente richiami totalitaristici e partecipazioni alla vita del Paese di dette cellule aggregative di filo-sovietismo 4.0.

Si faccia una legge o una modifica costituzionale che conclami il rifiuto dei totalitarismi ideologici e storici.

E basti leggere un altro passo della risoluzione europea del 2019 per comprendere il grande passo in avanti che sul piano sovranazionale si sta compiendo con non poco sforzo: “dopo la sconfitta del regime nazista e la fine della Seconda guerra mondiale, alcuni paesi europei sono riusciti a procedere alla ricostruzione e a intraprendere un processo di riconciliazione, mentre per mezzo secolo altri paesi europei sono rimasti assoggettati a dittature, alcuni dei quali direttamente occupati dall’Unione sovietica o soggetti alla sua influenza, e hanno continuato a essere privati della libertà,

della sovranità, della dignità, dei diritti umani e dello sviluppo socioeconomico”.

Ma è la ferma condanna tutte le manifestazioni e la diffusione di ideologie totalitarie all’interno dell’Unione (come il nazismo e lo stalinismo) l’elemento essenziale della decisione politica assunta a livello comunitario.

Ciò stando a significare che quando qualcuno nelle piazze, online, ecc. chiede ai cittadini di sostenere una lotta comunista o di firmare per consentire di presentare una lista elettorale “falce e martello”, ecc. ci si soffermi e si pensi bene; sareste complici di un’attività che, seppure non illecita ad oggi (salvo altra interpretazione giuridica), è pur sempre un fare contro Costituzione.

Sapete il motivo?

Perché “L’Italia è una Repubblica democratica” (art.1 Cost.).

Concetto, quest’ultimo, che non significa semplicemente “tutti possono partecipare”, ma che tutti possono e devono farlo (se si pensa anche all’art. 4, co. 2, Cost.) se si riconoscono, per rovescio della medaglia, nell’antifascismo, nell’antinazismo e nell’anticomunismo.

Tre ideologie condannate dalla storia ed al livello europeo. Cioè da tutti coloro a cui piacciono libertà, eguaglianza e democrazia.

Non basta, quindi, uno statuto (ci si riferisce ai movimenti ed ai partiti politici) in cui si dichiari di volere la democrazia se la propria base ideologica, l’attivismo che ne deriva e la propaganda che se ne fa, indirizzano al fine di volerla controllare, occupare, egemonizzare per sottrarla al giusto, logico e necessario principio di alternanza politica in una dimensione pluralistica.

Come avrebbe detto il saggio Berlinguer, non si può volere che un solo partito abbia il 51% dei voti del Paese: finirebbe la democrazia.

Per aspersa ad astra.

[1] https://www.europarl.europa.eu/doceo/document/TA-9-2019-0021_IT.html

[2] https://www.questionegiustizia.it/articolo/la-risoluzione-del-parlamento-europeo-del-19-sette_23-09-2019.php

[3] https://www.normattiva.it/atto/caricaDettaglioAtto?atto.dataPubblicazioneGazzetta=1952-06-23&atto.codiceRedazionale=052U0645&atto.articolo.numero=0&atto.articolo.sottoArticolo=1&atto.articolo.sottoArticolo1=10&qId=26879b29-7b8e-48c1-9470-80b7952dc7a3&tabID=0.8572127959541542&title=lbl.dettaglioAtto

[4] https://www.quirinale.it/allegati_statici/costituzione/costituzione.pdf

 

Articoli correlati

Inizia a scrivere il termine ricerca qua sopra e premi invio per iniziare la ricerca. Premi ESC per annullare.

Torna in alto