L’accesso alla politica? Un problema per la democrazia…

Dopo aver superato indenni la bulimia mediatica dovuta alle cronache e alle consecutive polemiche riguardanti la composizione delle liste possiamo finalmente voltare pagina. D’altra parte noi semplici elettori ce li ritroveremo da candidati a parlamentari avendo barrato il nome del candidato al collegio uninominale; ci fidiamo ciecamente del partito (per chi ne ha ancora uno di riferimento).

Voltando pagina si ritorna anche al medesimo argomento di qualche pagina addietro del libro chiamato “politica italiana”: la selezione di una classe dirigente dei partiti prima e delle istituzioni repubblicane dopo.

La crisi democratica colpisce tutti i partiti, perché nonostante il Partito Democratico abbia previsto le primarie fin dalla sua nascita c’è molto che non funziona in un sistema di selezione dei candidati facilmente manipolabile e molto spesso balzato ai “dis-onori” della cronaca per la partecipazione inaspettata e numerosa anche della comunità cinese (ne sono nate facili ironie).

Nell’opposta parte politica, leggasi Forza Italia in primis, in passato sono nate piccole e timide discussioni di chi ha proposto e proponeva l’introduzione delle primarie per la scelta dei candidati alle elezioni comunali e regionali e soprattutto per trovare un sostituto a Berlusconi, ma sappiamo tutti come è andata a finire. Discussioni sopite e amici come prima.

Il Movimento 5 Stelle ne ha fatto un baluardo della propria proposta di rinnovamento tout court ma alla chiusura del termine di votazione online delle ultime “parlamentarie” abbiamo visto e letto come invece sia accaduto di tutto: tanti iscritti al movimento/blog hanno lamentato una lentezza dei server che ha causato serie difficoltà se non addirittura l’impedimento nell’esprimere le preferenze.

Per alcuni candidati, sempre del Movimento non è stato possibile nemmeno partecipare alla selezione poiché esclusi senza alcuna ragione credibile, mentre altri si sono ritrovati candidati senza averlo neanche richiesto.

Dell’assenza parziale o totale di democrazia all’interno della creatura di Beppe Grillo non sono il primo a parlarne e non sarò l’ultimo ma la considero un’occasione persa. Persa perché poteva essere un quid in più per risollevare il livello di credibilità, sinceramente molto molto basso del movimento grillino, oltre alla reale possibilità di selezionare al meglio tra le fila dei propri simpatizzanti, chi davvero conosce il territorio e si spende per esso.

Credo fermamente nei congressi e nelle primarie, i primi atti ad eleggere i rappresentanti nazionali e territoriali del partito e le seconde per consentire agli iscritti-attivisti di esprimere la propria preferenza per un candidato di riferimento.

Spesso i miei interlocutori tirano fuori lo scandalo della compravendita di tessere e di voti che annacquerebbe i congressi, all’incirca il medesimo discorso utilizzato per opporsi ad una legge elettorale che preveda il voto di preferenza.

Il pretesto di un futuro ed ipotetico reato penale a scapito della rappresentanza politica.

Ed eccoci alla pagina di partenza, liste di candidati compilate da cerchie ristrette composte dai leader di partito, se il nome c’è la speranza ulteriore è quella di un collegio sicuro, meglio se blindato, di selezione della classe dirigente se ne riparlerà alle prossime elezioni, quindi molto presto.

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