L’enciclica “Fratelli tutti” e i liberali

La sostanza dell’enciclica “Fratelli tutti” va oltre l’ambito della dottrina religiosa quando da parecchie indicazioni sul come organizzare la convivenza. E’ un progetto politico fondato non sulle scelte fatte da cittadini bensì sull’autorità della religione cattolica e  di tutte le religioni. Così frantuma il principio liberale di separazione Stato religioni, che l’esperienza storica ha dimostrato essere la sola garanzia per la crescita civile basata sulla conoscenza accumulata con l’osservazione individuale dei fatti.

Il fulcro del progetto politico sta nel punto 276, in cui l’enciclica lo espone inquadrandolo in una citazione di Aristotele nella nota: “L’essere umano è un animale politico”. La nota che correda l’ultimo dei tre periodi  d’apertura del punto.

Con il primo periodo, l’enciclica afferma che la missione della Chiesa attiene non solo al privato degli esseri umani, ma anche al modo in cui gli esseri umani convivono. Ora il modo di convivere è il ruolo della politica.  Dunque dire che la Chiesa riconosce l’autonomia della  politica  equivale a riconoscere  alla politica il diritto di occuparsi del convivere ma allo stesso tempo di stabilire anche il diritto della Chiesa di occuparsene. Con il secondo periodo, l’enciclica descrive quali sono le finalità per cui la Chiesa non resta ai margini nel costruire un mondo migliore nel quale convivere. Con il terzo periodo, l’enciclica chiarisce che i ministri religiosi sono fuori dalla politica dei partiti, ma non possono rinunciare alla dimensione politica umana, vale a dire ad occuparsi del modo in cui gli esseri umani convivono. Perché appunto – qui il richiamo in nota ad Aristotele – l’essere umano è un animale politico e la sua fisiologia è interagire con gli altri  suoi simili.

Quindi, per l’enciclica, nel convivere, non sono separabili la dimensione politica e la dimensione religiosa. Perciò politica e  Chiesa operano sul medesimo piano dell’esistenza come due facce della stessa struttura vivente. Per l’enciclica non conta più che la politica si imperni sulle scelta del cittadino e invece la religione sull’autorità divina.

Tale tesi si fonda sul concetto aristotelico di animale politico. Aristotele è vissuto 2.400 anni fa. E anche se è stato il faro della cultura per circa 1.500 anni, le sue idee, allora avanzatissime, si erano nutrite di conoscenze assai limitate, basate sulla ricerca del modello eterno del mondo costruito dagli Dei . Per lui era inconcepibile supporre che gli esseri umani avessero un intelletto autonomo che li portasse a trasformare il loro carattere di animale politico in quel mondo. E che potesse assumere, nel tempo,  la capacità di scelte sperimentali dinamiche tali da renderlo consapevole della necessità, per ampliare il conoscere, di separare  le istituzioni della convivenza dalle strutture religiose. Dunque la tesi antiseparatista dell’enciclica si regge su una citazione che ormai non ha più lo stesso significato di quando venne formulata 2400 anni oro sono. Oggi, il motore del mondo sono le scelte dei cittadini, non l’autorità religiosa. Che non ha ruolo nel progettare quelle scelte civili.

Fin  qua ho parlato del punto 276 nell’enciclica “Fratelli tutti”. Ma non è il solo passaggio che prova la propensione al progettare politico. Comincio dall’insistito asserire che anche le altre religioni (in testa l’islam) prendono parte a tale progettazione. L’enciclica argomenta al riguardo in più punti del capitolo ottavo. “.…Come credenti delle diverse religioni, sappiamo che rendere presente Dio è un bene per le nostre società…Non è accettabile che nel dibattito pubblico abbiano voce soltanto  i potenti e gli scienziati….I testi religiosi classici possono offrire un significato destinato a tutte le epoche …”. Inoltre, pure in altre parti dell’enciclica il Papa ricorda con larghezza le iniziative comuni assunte (durante l’incontro al Cairo nel 2017) con l’Imam sunnita Ahmad Al-Tayyeb.

Una simile insistenza ecumenica espressa in un’enciclica rafforza il progetto di far fronte comune tra le diverse religioni sul versante politico nel campo della convivenza civile.  Quindi un ulteriore passaggio in appoggio della cultura dell’autorità religiosa e contro il far scegliere ai cittadini. Il che è una tipica espressione del progettare politico

Ancora un altro passaggio del progettare politico, sta nell’insistito auspicare il mondialismo. Si parte “allargando lo sguardo con il Grande Imam Ahmad  Al-Tayyeb abbiamo ricordato che il rapporto tra Occidente ed Oriente è un’indiscutibile reciproca necessità.. abbiamo bisogno che un ordinamento mondiale giuridico orienti la collaborazione internazionale…….Diventa indispensabile lo sviluppo di istituzioni internazionali più forti dotate del potere di sanzionare ….. il dare vita  organizzazioni mondiali più efficaci dotate di autorità per assicurare il bene comune….” .Deve essere poi posto in evidenza che l’enciclica tesse un’appassionata lode della Carta dell’ONU. La definisce una norma fondamentale e precisa che “la Carta delle Nazioni Unite esige di non porre gli interessi di un Paese  sopra del bene comune mondiale”. Anche qui, a parte che il Vaticano non ha mai firmato  questo  documento ONU perché non fondato sulla verità di Dio, è netto il forte avallo a norme mondiali redatte da un’autorità superiore ai cittadini. Il che è un indiscutibile progetto politico in contrasto con lo sviluppo nei secoli della democrazia rappresentativa verso la sovranità del cittadino.

Un nuovo passaggio del progettare politico, sta nel reiterato sottolineare l’importanza decisiva dell’accogliere i migranti. “I nostri sforzi nei confronti delle persone migranti che arrivano si possono riassumere in quattro verbi: accogliere, proteggere, promuovere e integrare……”. In applicazione di ciò, nell’enciclica un intero punto (il n. 130) riporta in modo dettagliato le specifiche risposte che  uno Stato deve dare alle esigenze dei migrantiE  siccome le decisioni di ogni Stato ricadono su tutti gli altri, precisa “dar vita ad una legislazione (governance) globale per le migrazioni. In ogni modo occorre stabilire progetti a medio e lungo termine che vadano oltre la risposta di emergenza”.

Ora. il problema delle migrazioni è presente nel dibattito politico da oltre trenta anni ed è stato enfatizzato dalla comunicazione più rapida dell’esser globalizzati, che ha reso di massa le migrazioni. Ma la risposta ai quattro verbi ­­– che le religioni hanno diffuso da tempo – è tutt’oggi non sufficiente, poiché il fondo del problema è la perenne contrapposizione tra  aspirazioni di individui umani sollecitate da divergenti situazioni di fatto, che la mutata dimensione quantitativa non consente ormai di affrontare con il vecchio sistema del privilegiare il diritto del rifugiato. L’irrompere  della Chiesa nel relativo dibattito in corso negli Stati entra direttamente nelle scelte di specifica pertinenza  politica sul come organizzare la convivenza, secondo il principio della Chiesa riportato nell’enciclica: “l’unità è superiore al conflitto”.  Una tesi opposta al concetto di diversità del cittadino quale protagonista del convivere.

Verificato nei testi come l’enciclica entri a fondo nell’ambito politico, si può di certo affermare che essa viola l’art.1 del Concordato del 1984 che fissa il principio che “lo Stato e la Chiesa cattolica sono, ciascuno nel proprio ordine, indipendenti e sovrani”..  Ai nostri  fini è dirimente l’inciso. La locuzione “nel proprio ordine” indica la rispettiva categoria o ambito di pertinenza, che per lo Stato è costituita dalle strutture organizzative  e dalle procedure per sceglierle e manutenerle, mentre per la Chiesa cattolica è costituita dall’istituzione ecclesiale e dal sacramento per esercitarne gli uffici. E’ di tutta evidenza che svariati passaggi  della “Fratelli tutti” non rispettano il disposto  dell’art.1 del Concordato, in quanto  travalicano l’ambito della dottrina religiosa e danno precise indicazioni sul come lo Stato deve organizzare la convivenza nel Paese.

Dal punto di vista liberale, siccome la libertà di culto è un cardine del principio di separazione Stato religioni, non sorge il problema che la Chiesa abbia la libertà di farlo. Sorge la questione che tale comportamento della Chiesa cattolica esula dal suo ordine interno e dalla sua dimensione evangelica. Con questa enciclica la Chiesa cattolica invade le competenze organizzative dello Stato, perché  fa propaganda per mutare assetti istituzionali civili in assetti contrapposti,  a cominciare dal ribaltare la centralità del cittadino nel decidere gli indirizzi del convivere.

La violazione del Concordato da parte della Chiesa comporta due conseguenze. Una concerne il comportamento del Ministro degli Esteri in quanto tale, una concerne quello di tutti i cittadini, facciano o meno parte delle istituzioni.

Il Ministro degli Esteri deve fare un passo formale presso lo Stato del Vaticano per eccepire  l’avvenuto vulnus  al non intervento negli affari interni dell’Italia  e per esigere che il vulnus non si ripeta. Tutti i cittadini, visto che l’intervento dell’enciclica  spezza il principio di separazione Stato religioni,  sono liberi di confutare nei modi ritenuti opportuni le tesi politico culturali da essa espresse  in quanto non  attinenti al magistero religioso.

Pertanto, i laici italiani hanno la possibilità, senza venir meno al principio della libertà di religione, di attaccare innanzitutto quelle tesi dell’enciclica richiamate nell’articolo  e pure altre argomentazioni concettuali che, in tale contesto, esprimono un progetto politico istituzionale ed esulano dall’ evangelizzazione religiosa e della connessa missione educatrice.

Deve essere chiaro che solo prendendo le mosse dal fatto che l’enciclica ha una precisa progettazione politico istituzionale, è possibile confutare costruttivamente quanto l’enciclica afferma contro l’individualismo, il mercato, la proprietà privata, il concetto di scarto (che non è una esclusione sociale contro la dignità umana bensì il prendere atto di una carenza funzionale da riciclare per il riutilizzo). Oltretutto l’enciclica pare non  si renda conto che senza tali cose non può esistere quella società aperta, che essa proclama di volere.

Ai liberali non importa stabilire se Francesco incarna più o meno la tradizione religiosa. Ai liberali preme reagire alla violazione a parte dell’enciclica “Fratelli tutti” della norma concordataria confutandone la cultura civile distorta che fa danno alla convivenza perché nega l’esperienza storica e si affida al divino. E’ il modo dei liberali per far vivere l’essenziale separazione Stato religioni.

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