Scuola e sanità tra pubblico e privato

I punti messi in evidenza dal Piano governativo per la ripresa sono in linea di massima da condividere a condizione che non nascondano un obiettivo perverso di statalismo diffuso. Qualche considerazione meritano le aree nelle quali il settore pubblico è più interessato: scuola e sanità.

  1. Scuola

Secondo me la scuola deve avere tre grandi obiettivi.

In primo luogo deve allenare le intelligenze: perciò deve proporre agli allievi compiti di qualsivoglia disciplina, purché difficili, come si fa in palestra.

In secondo deve proporsi di abituare alla vita in comunità. Perciò deve insegnare il reciproco rispetto e favorire la socievolezza degli allievi. Deve fare comprendere l’ordinamento che regola le nostre società: il diritto.

Infine, deve fornire competenze che possano essere approfondite nel lavoro o nella ricerca.

Temo che l’interpretazione data ai modelli montessoriano/rodariano poco giovi al primo punto e trasformi il secondo nella creazione di bande di amiconi lamentosi. L’intervento del Piano di ripresa si dovrà rivolgere non solo al rinnovo dell’edilizia e della logistica, ma anche ai contenuti e alle modalità e tempi dell’insegnamento.

Pubblico o privato non mi sembrano determinanti nella scuola. Io ho frequentato solo scuole private, tranne il corso, già da laureato, in Statistica alla Sapienza.

2. Sanità

Si continua a dibattere di pubblico e privato anche nella sanità. Il problema è un altro: il governo della sanità in epidemia non può essere che centrale (magari europeo). La scellerata riforma costituzionale avvenuta col governo di Giuliano Amato (personaggio che ha anche contrastato il referendum Renzi che mirava a ridurre i danni del titolo V Cost.) rende invece difficile la gestione omogenea di fenomeni quali la pandemia.

È bene dire che la pandemia ha preso di sorpresa il sistema, che si orientava verso una medicina di specialisti, assistiti da tecnologia evoluta. Il Covid riporta invece indietro negli anni: richiede letti e assistenza: imporrà la creazione di un’armata di riserva di letti, medici, infermieri, assistenza territoriale, destinati ad entrare in funzione quando si diffonde il virus. Per questi servizi è ovvio che le misure sanitarie non possono essere che pubbliche, restando ai privati altre prestazioni che riguardano varie forme di cure sanitarie, anche particolarmente qualificate sotto il profilo della ricerca, che possono essere sottoposte al controllo pubblico ma non necessariamente al coordinamento centrale.

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