Crisi della rappresentatività e modelli deliberativi

È fin troppo evidente che i cittadini operano spesso delle scelte poco meditate su questioni riguardo alle quali hanno una conoscenza vaga, dimostrandosi più ricettivi verso le sollecitazioni emotive che attenti alle argomentazioni razionali. Nelle trasmissioni televisive, ad esempio, che orientano il pensiero comune, “l’autorità è nella visione stessa”, come ha scritto Giovanni Sartori, perché la videocrazia produce opinioni eterodirette, che in apparenza rinforzano, ma in sostanza svuotano, la democrazia.

Dinnanzi alla crisi diffusa delle istituzioni rappresentative, il politologo americano James Fishkin  ritiene che l’adozione di forme di sondaggio deliberativo possa orientare i cittadini in modo consapevole. Tale metodo  prevede la somministrazione di un test preliminare a un campione casuale che rispetti la composizione socio-demografica della popolazione. In una fase successiva, una parte del campione si riunisce in un week-end deliberativo per consultare materiale informativo,  discutere e incontrare esperti imparziali. A questo punto viene proposto un secondo test, in cui sono presenti le stesse domande del precedente. Il secondo sondaggio fornisce, di solito, risposte radicalmente differenti, e sicuramente più meditate, rispetto al primo.

Fishkin cita un esempio particolarmente incisivo di esperimento deliberativo, realizzato negli Stati Uniti.  Nel gennaio del 2003, la società Pbs aveva realizzato un sondaggio relativo alle somme destinate dal governo americano ai paesi  in via di sviluppo. Dai risultati emergeva la convinzione che gli aiuti ai paesi poveri costituivano il 25-30%  del bilancio nazionale. In realtà si trattava solo dell’1%, ma a saperlo era solo il 19% degli intervistati. Dopo le informazioni acquisite durante il week-end deliberativo, la percentuale dei cittadini correttamente informati era salita al 64% e il 33% degli intervistati (a fronte del 20% iniziale) si dichiarava favorevole a un aumento dei sussidi.

Un sondaggio che, dopo la fase deliberativa, avrebbe sicuramente prodotto diversi risultati fu quello proposto dalla rivista Time sulle figure più importanti del  Novecento nei vari campi, dalla politica alla cultura e allo spettacolo. Ci si accorse così, sottolinea Fishkin, che solo Kemal Ataturk  aveva ottenuto il maggior numero di voti in ogni categoria. Il risultato era naturalmente frutto della massiccia mobilitazione della popolazione turca. Prima che la consultazione si concludesse, si ebbero delle anticipazioni e i greci riversarono i loro voti su Churchill, che consideravano l’avversario più diretto di Ataturk, senza però riuscire a ribaltare l’esito del sondaggio. Al di là della singolarità dell’esempio citato, è evidente che la volontà popolare si esprime, il più delle volte, indipendentemente da valutazioni razionali. L’opinione pubblica può svolgere un ruolo essenziale nella democrazia e operare scelte razionali, nella misura in cui è correttamente informata. Se le elezioni politiche suscitano spesso indifferenza, l’esperienza deliberativa potrebbe favorire forme di partecipazione e di civismo diffuso e rinvigorire le istituzioni democratiche.

La proposta di Fishkin può rappresentare, sotto molti aspetti, l’applicazione pratica, e limitata a situazioni specifiche, della concezione habermasiana della democrazia come “procedura deliberativa”. La teoria del discorso, sostenuta dal filosofo tedesco, si colloca su un piano di  intersoggettività, che si attua “per un verso nella forma istituzionalizzata dei dibattimenti parlamentari e per l’altro nella rete comunicativa delle sfere pubbliche politiche”. Nella democrazia deliberativa rivivono le esigenze di partecipazione che animarono il Federalist e  lo spirito di autogoverno delle contee americane descritto da Tocqueville. Stuart Mill attribuiva grande importanza a questi aspetti nella sua concezione del governo, richiamando, secondo Nadia Urbinati, la distinzione aristotelica tra democrazia buona, cioè deliberativa, e democrazia di massa, ovvero plebiscitaria. La continuità di questa linea, che da Pericle giunge a noi, si coglie oggi nell’opera dello storico della Grecia antica Mogens Herman Hansen, che illustrandoci le procedure della democrazia ateniese del IV secolo, fornisce strumenti per la realizzazione delle più recenti esperienze deliberative.

James Fishkin e Bruce Ackerman, propongono l’istituzione di un deliberation day, che prevede un “processo elettorale a doppio stadio”. In una prima fase gli elettori dovrebbero riunirsi per esaminare i diversi programmi; in una fase successiva dovrebbero rifletterci su. Dieci giorni prima della scadenza elettorale dovrebbero confrontare le diverse posizioni e, infine, procedere all’elezione vera e propria. Si avrebbe così “un processo binario, con uno stadio della ragione e uno della scelta, mentre allo stato attuale delle cose abbiamo solo un’espressione della volontà”.  Il deliberation day, secondo Ackerman, per la modalità con cui i vari temi sarebbero affrontati, si baserebbe sulla razionalità delle argomentazioni, piuttosto che sul carisma personale.

Sondaggi sull’età pensionabile, sulla sanità, sulla scuola, e, più in generale, sul Welfare State in Europa, potrebbero essere, secondo Ackerman, un significativo banco di prova. La capacità di associarsi e di confrontarsi su questioni pubbliche può allora divenire un correttivo nei confronti dell’indifferenza verso i partiti, senza trasformarsi in antipolitica. In queste esperienze deliberative sembra rivivere quello spirito civico che Tocqueville aveva descritto nella  Democrazia in America:  “L’America è il solo paese al mondo -scriveva- in cui è tratto il maggior  partito dall’associazione, e dove si è applicato questo potente mezzo d’azione a una varietà di situazioni”. La dimensione associativa promuoveva, a suo avviso,  una convergenza di sforzi verso un progetto comune, che poteva creare un legame intellettuale, ma anche dar vita a un movimento politico o a un partito.

In questa concezione della ragione pubblica, che si pone a salvaguardia della libertà individuale, si avverte l’eco dell’illuminismo kantiano. Pensare con la propria testa a voce alta, insieme agli altri, rappresenta infatti l’unica difesa contro l’arroganza del potere politico  e la tirannia delle maggioranze gregarie. Occorre dunque immaginare un filtro, che consenta di produrre una opinione affinata,  piuttosto che immediata ed emotiva, un conoscere per deliberare, avrebbe detto un liberale della scuola di Luigi Einaudi.  I limiti della democrazia deliberativa risiedono, come è ovvio, nel fatto che si colloca in un ambito consultivo più che propriamente decisionale, anche se i risultati di una consultazione deliberativa non possono essere ignorati dalla politica.

E’ particolarmente significativo rilevare che tali pratiche, sono presenti, sin dagli anni ’90, tanto nel Nord Europa e nei paesi anglosassoni, quanto in Spagna e in Francia. In Brasile, inoltre, dal 1990,  a Porto Alegre e in altre città, si è realizzato un laboratorio di bilancio partecipativo. Le esperienze di deliberazione democratica, come scriveva Luigi Bobbio, “nutrono minori ambizioni rispetto alle proposte classiche di democrazia diretta; sono più  delimitate nei tempi e nei compiti; non pretendono di sovvertire le istituzioni rappresentative, ma accettano di convivere, sia pure conflittualmente, con esse; ed hanno forse una maggiore efficacia dal momento che tendono a incidere in modo puntuale nei processi e nei contenuti del policy making. Rappresentano una potenziale fonte di rafforzamento della cittadinanza, dello spirito civico e del capitale sociale”.

Il sondaggio deliberativo  potrebbe allora consentire alle argomentazioni razionali di prevalere  sulle scelte emotive, promuovendo una cittadinanza critica che sia in grado di prendere le distanze tanto  dalla demagogia populista quanto dall’efficientismo tecnocratico.

 

Testi citati

Sartori, Homo videns. Televisione e post-pensiero, Laterza, Roma-Bari, 1999.

S. Fishkin, Il sondaggio deliberativo, perché e come funziona, trad. it. in G. Bosetti e S.Maffettone, (a cura di), Democrazia deliberativa : cosa è, Luiss University Press, Roma, 2004.

Habermas, Tre modelli normativi di democrazia, trad. it. in J. Habermas, L’inclusione dell’altro. Studi di teoria politica, Feltrinelli, Milano, 2008.

de Tocqueville, La democrazia in America, trad. it in A. de Tocqueville, Scritti politici, 2 voll., UTET, Torino, 1968, vol. II.

Urbinati, L’ethos della democrazia. Mill e la libertà degli antichi e dei moderni, Laterza, Roma-Bari, 2006.

H. Hansen, La democrazia ateniese del IV secolo A. C., trad. it., LED, Milano, 2010.

Ackerman, Il deliberation day, festa per informarsi e discutere, trad. it in G. Bosetti e S. Maffettone, cit.

Kant, Che cosa significa orientarsi nel pensiero, trad. it., Adelphi, Milano, 1996.

Bobbio, Le arene deliberative, in Rivista italiana di politiche pubbliche, n. 3, 2002.

 

 

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