L’intervento pubblico deve essere provvisorio e non selettivo

Il governo si sta organizzando per la gestione del flusso di denaro che verrà messo a disposizione a causa della pandemia. In particolare è prevista la convocazione di Stati Generali per la pianificazione di questo intervento di Stato.
Memori degli insuccessi delle pianificazioni passate, sia nel nostro paese che altrove, dovremmo usare molta prudenza in proposito. I piani di lungo periodo vengono smentiti dalla realtà del progresso tecnologico o anche, come accade oggi, da sconvolgimenti naturali. Se poi i piani vengono realizzati da imprese statali, la rigidità di fronte al cambiamento è ancora maggiore.

Mao Tse Tung pianificava balzi in avanti, noi abbiamo pianificato il nucleare, lo sviluppo della telefonia fissa.
La pandemia sconvolge le schede di domanda e le funzioni d’offerta e di produzione. Non sappiamo quanto durerà. Se ci sarà il vaccino, i modelli di consumo e produzione non cambieranno di molto. Se la malattia permane, una vasta parte di consumi verrà tagliata: tutto quanto si svolge in comunità, dalla scuola ai divertimenti, agli spettacoli; inoltre verranno tagliati i viaggi, il turismo e diverranno obsolete le infrastrutture di supporto. Molti sport non si potranno più praticare. Aumenterà invece la richiesta di assistenza sanitaria, caratterizzata però da servizi a domicilio.
La produzione dovrà avvenire nel rispetto delle norma sul distanziamento e quindi i numerosi uffici oggi realizzati con posti attrezzati, vicini e fungibili dovranno essere riprogettati. Gli orari dovranno essere riorganizzati per regolare flussi d’ingresso da controllare e per evitare addensamenti alle mense e nei trasporti. Il passaggio manuale di materiale e pratiche dovrebbe essere sottoposto a norme igieniche. La robotizzazione sarà determinante. Sono pochi esempi di una lunga lista.
Lo stato si prende il rischio di spendere in investimenti nella prospettiva del cambiamento? E di quale cambiamento?
Che lo Stato faccia interventi per snellire la burocrazia e che assuma iniziative per l’ambiente e per la sanità mi sembra giusto. Il tema della sanità merita un cenno: credo che il nostro sistema sanitario non fosse così inadeguato rispetto alle esigenze che si stimavano sulla base dell’esperienza passata; il problema è nato dalle punte richieste dalla inattesa pandemia. Ora si potrà pensare a strutturare la sanità in funzione delle punte, ricordando che si dovrà fare manutenzione anche su ambienti temporaneamente non utilizzati (vedi letti della Fiera di Milano).
Detto questo, ciò che lo Stato non deve fare è prendere il rischio di attività produttive soggette al variare della domanda, della concorrenza, della tecnologia. Questo va lasciato ai privati, i quali possono essere incentivati alle intraprese con la fiscalità. Pretendere di conoscere quanto accadrà è un atto di superbia destinato a essere condannato e lo Stato non può permetterselo anche per le rigidità organizzative che lo caratterizzano. L’intelligenza del mercato, per tentativi ed errori, riesce a trovare la strada giusta; su questa linea, le imprese (compreso il piccolo e il grande commercio) possono perfino ricevere temporanei sussidi, per consentire l’occupazione di un lavoro altrimenti bruscamente emarginato. Ma l’intervento pubblico dovrà essere comunque provvisorio e non selettivo, tale da non alterare le modalità di scelta delle imprese. Se ci debbono essere orientamenti settoriali questi vanno presi a livello di regolamento.
In quest’ottica, penso che gli Stat Generali possano concludere rapidamente il loro compito.

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