Proposta di riforma del processo penale: la direzione è quella giusta

La Commissione istituita dalla Ministra Cartabia ha elaborato una proposta di riforma del processo penale e del sistema sanzionatorio. Tante le novità, tra cui anche quella che impone al PM l’esercizio dell’azione penale solo se gli elementi indizianti “sono tali da determinare la condanna”

 

La strada intrapresa dalla Ministra Cartabia sulla riforma della giustizia penale sembra essere giusta, almeno per il momento. E sì, perché la proposta di revisione presentata il 24 maggio scorso dalla Commissione Lattanzi, dovrà ancora essere discussa dalle forze politiche e, quindi, suscettibile di emendamenti. La ratio ispiratrice, comunque, è corretta. Nella sostanza, si prevede l’introduzione di correttivi al codice di rito maggiormente garantisti per l’imputato. E questo è un bene.

Essa, la proposta, recepisce anche precise indicazioni correttive suggerite da anni dall’UE, oltre che da sentenze della Corte di Giustizia europea riguardo le lungaggini processuali.

D’altra parte, la necessità di intervenire in ambito penale era ormai nota da tempo.

Alcuni dati

Già la Relazione sull’amministrazione della giustizia nell’anno 2019 della Corte di Cassazione, aveva evidenziato evidenti criticità del sistema penale.

Il tasso di assoluzione che si registra davanti al tribunale ordinario, ad esempio, è molto alto, pari al 50% dei processi pendenti. Tra le ragioni del difficoltoso funzionamento del giudizio di primo e del secondo grado, che conducono anche ad una abnorme durata del processo, vi sono anche i riti alternativi, quali il giudizio abbreviato e il patteggiamento, che si sono dimostrati scarsamente appetibili a dire della Corte. In Cassazione, poi, i ricorsi del PM, presentano alti tassi di inammissibilità, pari al 32%, e di rigetto, pari al 12%.

Ma, a ben vedere, il problema del processo penale non è solo rinvenibile nell’alto numero dei procedimenti pendenti. Questa è un visione asettica, ragionieristica, di un problema ben più grande. Dietro ogni processo vi è un essere umano e la pena più grande, oggi, è l’essere sottoposti ad un giudizio, soprattutto quando si sa di essere innocenti.

Dell’istituto della carcerazione preventiva se ne è fatto un abuso. In 30 anni, 30.000 persone hanno subito una ingiusta detenzione. Poi ci sono i tanti suicidi a seguito degli avvisi di garanzia di cui, troppo spesso, la stessa giustizia sembra essere, incomprensibilmente, “distaccata”.

Il quadro della riforma

Il piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, presentato dal Governo alla Commissione UE il 30 aprile scorso, contiene molte misure che intervengono sul sistema giudiziario.

In particolare, il Piano si propone, tra l’altro, l’obiettivo di rendere più efficiente il processo penale e di accelerarne i tempi di definizione attraverso interventi da collocare all’interno del disegno di legge Bonafede A.C. 2435, attualmente in corso di esame in Commissione Giustizia alla Camera.

Il Ministero della Giustizia ha istituito una Commissione ad hoc per elaborare proposte di riforma in materia di processo e sistema sanzionatorio. L’Organo consultivo auspica l’approvazione di leggi delega entro il 2021 e che i decreti attuativi possano essere approvati entro il 2022. L’impatto sulla durata dei procedimenti potrebbe verosimilmente stimarsi alla fine del 2024.

 

Contenuto della relazione

La relazione Lattanzi ha elaborato proposte di riforma del processo penale e del sistema sanzionatorio penale attraverso la formulazione di emendamenti al progetto di legge Bonafede.

Questi i punti più interessanti.

Si interviene sulle indagini preliminari e sull’udienza preliminare. In particolare, si propone:

  1. di modificare la regola di giudizio per la presentazione della richiesta di archiviazione, prevedendo che il pubblico ministero chieda l’archiviazione quando gli elementi acquisiti nelle indagini preliminari non sono tali da determinare la condanna. Significa che il pubblico ministero sarà chiamato a esercitare l’azione penale solo quando gli elementi raccolti risultino – sulla base di una sorta di “diagnosi prognostica” – tali da poter condurre alla condanna dell’imputato secondo la regola dell’oltre ogni ragionevole dubbio, tanto in un eventuale giudizio abbreviato, quanto nel dibattimento. Al contrario, se il quadro cognitivo si connoti per la mancanza di elementi capaci di sorreggere una pronuncia di condanna, il pubblico ministero dovrà optare per l’inazione;
  2. di introdurre una definizione di notizia di reato e di precisare i presupposti oggetti e soggettivi per l’iscrizione (servono specifici elementi indizianti e non meri sospetti)
  3. di togliere di mezzo la diffusa prassi dei PM di ritardare l’iscrizione del nome dell’indagato nel registro notizie di reato per non informarlo dell’avvio dell’indagine concedendo alla difesa il diritto di contestarne la retrodatazione con sanzione di inutilizzabilità degli atti;
  4. di introdurre un nuovo rito alternativo che si chiama archiviazione meritata: prevede che durante le indagini preliminari, subito dopo la notifica dell’avviso di cui all’articolo 415-bis del codice di procedura penale (conclusione delle indagini), il pubblico ministero e la persona sottoposta alle indagini possano chiedere al giudice per le indagini preliminari di subordinare l’archiviazione all’adempimento di una o più prestazioni a favore della vittima o della collettività, individuate tra quelle previste dalla legge, quando si procede per i reati puniti con la sola pena edittale pecuniaria o con la pena edittale detentiva non superiore nel massimo a quattro anni, sola, congiunta o alternativa alla pena pecuniaria. In questo rito viene previsto che con l’esecuzione delle misure prescritte ci sia l’archiviazione per intervenuta estinzione del reato;
  5. l’inappellabilità delle sentenze di condanna e di proscioglimento da parte del PM;
  6. di inserire nel codice di procedura penale – in un nuovo articolo 670-bis – una disposizione che consenta al condannato, che abbia subito la violazione del diritto alla ragionevole durata del processo, di rideterminare la pena – principale (detentiva e pecuniaria) e accessoria – riducendola in modo proporzionale a compensazione del pregiudizio subito;
  7. a chi sia assolto all’esito di un processo dall’irragionevole durata, la Commissione propone di modificare la legge Pinto prevedendo il raddoppio dell’indennizzo, che si giustifica in ragione del pregiudizio maggiore correlato al mantenimento dello status di imputato.

La Commissione Lattanzi, poi, suggerisce anche una riforma organica della prescrizione del reato. Consiglia che il Parlamento conferisca una delega al Governo anche per rettificare la precedente disciplina di Bonafede. La Commissione, infatti, sostiene che una razionalizzazione dei termini di prescrizione sia opportuna e propone di modificare l’art. 14 del d.d.l. (lodo Conte) optando per due soluzioni diverse.

A tal fine formula due proposte alternative:

  • “ipotesi A” si prevede che dopo la sentenza di condanna di primo grado la prescrizione resti sospesa per un tempo non superiore a due anni, poi ricomincia decorrere. Si tende così a concludere i processi prima del decorso della prescrizione;
  • “ipotesi B”, invece, implica una radicale diversa scelta di fondo: Si prevede l’interruzione definitiva del corso della prescrizione con l’esercizio dell’azione penale. Vengono introdotti dei termini di durata massima, cioè dei termini di fase: 4 anni per il primo grado, appello 3 anni, Cassazione 2 anni, decorsi inutilmente i quali si prevede la sanzione dell’improcedibilità dell’azione penale.

Qui le relazioni sulle riforme in atto.

Qui il video del webinar organizzato da Extra Ratio sulla riforma della giustizia al quale ha partecipato la Senatrice Fiammetta Modena di Forza Italia, membro della Commissione Giustizia e Bilancio al Senato.

https://youtu.be/

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