Parole e numeri della Costituzione

L’articolo che segue, scritto da Antonio Pileggi, pubblicato da LIBRO APERTO, Rivista fondata da Giovanni Malagodi e diretta da Antonio Patuelli, n. 108, Gennaio/Marzo 2022

 

Le parole della Costituzione, che è la Legge delle leggi, si distinguono da quelle contenute nelle altre norme. Ogni parola usata è stata valutata a fondo dai Padri e dalle Madri Costituenti per rappresentare molteplici valori di natura etica, storica e filosofica.

 

Le riflessioni qui esposte seguono quelle già pubblicate in un precedente articolo pubblicato sul n. 107/2021 di questa Rivista.[1] Al riguardo, c’è da dire che alle primissime cinque parole chiave contenute nel primo comma dell’articolo 1 della Costituzione (L’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro), seguono altre sette parole chiave contenute nel secondo comma (La sovranità appartiene al Popolo che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione).

Le parole chiave dell’intero art. 1 sono in tutto 12. La prima è “Italia”, l’ultima è “Costituzione”.

 

Italia

L’Italia, prima parola della Costituzione, indica l’identità storica e politica del Belpaese diventato unito e grande nazione, alla stregua delle più antiche grandi nazioni europee, da poco più di 150 anni. Nel contesto della lettura della Costituzione del !947, la parola Italia evoca la cultura risorgimentale e l’impegno dei tanti patrioti immolatisi per unificare gli staterelli guidati da sovrani, Papa Re incluso, uniti fra di loro solamente nell’impedire la formazione di un grande Stato unitario.

La parola Italia evoca anche il sogno unitario realizzato da Cavour, Mazzini e Garibaldi. E l’unità è rimasta intatta per procedere alla ricostruzione morale e materiale del Paese a seguito delle divisioni, delle lacerazioni e dei disastri provocati dal fascismo e dal nazismo.

Non è un caso che l’ultimo dei 12 articoli della Costituzione è il segno distintivo riferito alla bandiera e ai suoi tre colori: il verde, il bianco e il rosso.

La parola Italia, posta in testa alla Carta, evoca una lunga fase storica che è alla base dello “spirito costituente” sotteso alla Costituzione del 1947, che non è stata concessa (ottriata) da un potere sovrano più o meno assoluto, ma che è stata elaborata e votata da un’Assemblea Costituente eletta dal Popolo.

Uno spirito costituente che realizza, anche attraverso l’introduzione per la prima volta del suffragio universale per le donne nella elezione dell’Assemblea Costituente, ciò di cui aveva parlato il filosofo, giurista e scienziato Gian Domenico Romagnosi, che definì la Costituzione “la legge che il popolo impone ai suoi governanti.” Sottolineo che Romagnosi (1761/1835) fu uno dei fautori dell’unità d’Italia e subì anche il carcere per il suo impegno culturale e politico.

La locuzione “spirito costituente” sollecita, inoltre, il ricordo di quanto avvenne l’11 marzo 1947, quando il Liberale Benedetto Croce si rivolse all’Assemblea Costituente per proporre un’implorazione allo Spirito Santo con le parole dell’inno sublime Veni creator Spiritus.

Questa citazione la faccio per sottolineare che la formazione della volontà dell’Assemblea Costituente si formò sotto l’influenza di personaggi di altissimo profilo culturale pronti a mettere da parte le proprie appartenenze politiche (Croce era un gigante della cultura laica e della “religione della libertà”) per scegliere le migliori regole costituzionali destinate ad assicurare il bene comune nella casa comune.

Per il portato storico e geopolitico riferibile alla parola Italia, di fondamentale rilevanza è la locuzione che troviamo all’articolo 5 dove viene stabilito il principio secondo cui la “la Repubblica è una e indivisibile”.

Un principio, questo, che ha un significato storico e politico fondamentale e che non può essere scalfito da qualsiasi altra norma. Infatti l’art. 5 è inserito nei principi fondamentali, cioè nei primi 12 articoli che gettano luce nell’interpretazione e nell’attuazione dell’intero corpo normativo della Costituzione.

D’altronde l’autonomia e il decentramento previsti nel medesimo articolo 5, hanno rilievo di natura funzionale e non possono certamente avere portata di natura divisiva o differenziata con riguardo ai principi fondamentali compresi nei primi 12 articoli della Costituzione.

La semplice lettura di questi 12 articoli rende di solare evidenza la supremazia dei principi fondamentali su qualsiasi altra statuizione e, nel contempo, rende riconoscibili le linee guida dell’agire politico dell’Italia nella sua dimensione interna e internazionale:

  • I principi concernenti la natura democratica della Repubblica di cui all’art. 1;
  • i principi relativi al riconoscimento e alla garanzia dei diritti inviolabili dell’uomo e all’inderogabilità dei doveri di solidarietà politica, economica e sociale di cui all’art. 2;
  • i principi sui compiti della Repubblica di “rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana” e l’esercizio dei diritti di partecipazione di cui all’art. 3;
  • i principi che si riferiscono al diritto al lavoro e ai doveri correlati per concorrere “al progresso materiale o spirituale della società” di cui all’art. 4;
  • il principio secondo cui la Repubblica è “una e indivisibile” di cui all’art. 5;
  • i principi a tutela delle minoranze linguistiche di cui all’art. 6;
  • il principio della libera Chiesa in libero Stato (indipendenti e sovrani) di cui all’art. 7;
  • i principi di eguaglianza di tutte le confessioni religiose davanti alla legge di cui all’art. 8;
  • i principi a presidio della promozione della cultura e della ricerca scientifica e tecnica e a tutela del paesaggio e del patrimonio storico e artistico della Nazione di cui all’art. 9;
  • i principi sulla conformità dell’ordinamento giuridico italiano “alle norme del diritto internazionale generalmente riconosciute” di cui all’art. 10;
  • i principi delle “limitazioni di sovranità” e del ripudio della guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli di cui all’art. 11;
  • il simbolo unificante dell’Italia rappresentato dalla bandiera tricolore di cui all’art. 12.

 

Costituzione

Ci vorrebbero molte pagine per descrivere i diversi significati della parola “Costituzione” nel corso dei secoli che hanno preceduto la Costituzione vigente in Italia dal 1^ Gennaio 1948.

Ecco perché c’è da porre in risalto il fatto che la parola Costituzione, nel concludere il primo articolo della nostra Carta, costituisce l’involucro entro cui sono comprese tutte le parole e i relativi significati presenti sia nello stesso primo articolo e sia nell’intero testo costituzionale.

La parola Costituzione è scritta in maiuscolo sul testo pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale e viene definita nello stesso testo come “Legge fondamentale della Repubblica”.

La parola “Legge”, presente in questa formula, è scritta pure in maiuscolo. Mentre nei casi in cui si parla delle altre leggi (le leggi ordinarie), queste ultime vengono scritte non in maiuscolo.

La definizione che ho citato è compresa nella formulazione delle ultime due righe della Carta: “La Costituzione dovrà essere fedelmente osservata come Legge fondamentale della Repubblica da tutti i cittadini e dagli organi dello Stato.”

Le parole Costituzione, Legge, Repubblica e Stato della citata formula, sono scritte in maiuscolo nel testo firmato dal Capo Provvisorio dello Stato Enrico De Nicola e controfirmato dal Presidente dell’Assemblea Costituente Umberto Terracini, dal Presidente del Consiglio dei Ministri De Gasperi Alcide, dal Guardasigilli Giuseppe Grassi.

È appena il caso di porre in evidenza che la Costituzione fece registrare una singolare sintesi fra diverse culture politiche. Ciò è dimostrato anche dalle differenti provenienze politiche dei soggetti che hanno firmato la Costituzione: De Nicola e Grassi erano di area liberale, Terracini di area socialista e De Gasperi di area democristiana.

Famose sono le parole pronunciate da De Nicola prima di apporre la firma: “L’ho letta attentamente! Possiamo firmare con sicura coscienza”.

Questa breve nota è certamente molto carente di citazioni. Pertanto sembra opportuno ricordare un famoso discorso di Piero Calamandrei che, nel 1955, si rivolgeva agli studenti e citava gli insegnamenti dei tanti personaggi della storia d’Italia che hanno ispirato la stesura di alcuni importanti articoli della Costituzione (Beccaria, Cavour, Mazzini, Cattaneo ecc.). Il discorso di Calamandrei si concludeva con parole da tenere sempre in mente: «Se voi volete andare in pellegrinaggio nel luogo dove è nata la nostra Costituzione, andate nelle montagne dove caddero i partigiani, nelle carceri dove furono imprigionati, nei campi dove furono impiccati. Dovunque è morto un italiano per riscattare la libertà e la dignità, andate lì, o giovani, col pensiero perché lì è nata la nostra Costituzione».

Brevi cenni storici sono necessari per richiamare l’attenzione sull’importanza basilare della parola Costituzione nel corso dei secoli. Il mutamento, anzi l’evoluzione del significato delle parole spiega lo svolgersi, tra passato e presente, del cammino del progresso (e del regresso) della civiltà. La parola è sempre memoria. E la memoria fa la storia.

Nel significato moderno il concetto di Costituzione si riferisce al “popolo”. A tutto il popolo, non ad una parte di esso.

Prima dell’avvento dello Stato moderno la parola Costituzione indicava qualsiasi assetto politico-giuridico imposto da un sovrano, un sovrano assoluto. Corrado II, il 28 Maggio 1037 varò una legge (Constitutio de feudis) che stabiliva l’ereditarietà di tutti i feudi e fissava delle regole per risolvere le controversie fra i vassalli maggiori e i minori.

La forma di governo costituzionale dello Stato moderno si fece strada tra la fine del secolo XVII e la fine del secolo XVIII attraverso le rivoluzioni liberali realizzate in Inghilterra, in America e in Francia.

In Inghilterra la Corona, depositaria di un potere assoluto (si pensi a Giacomo I Stuart convinto sostenitore diritto divino dei Re) fu costretta ad una serie di patti, leggi e consuetudini che, pur non essendo raccolti in un corpo normativo unico (una Costituzione scritta), hanno determinato una evoluzione giuridico-istituzionale avente i connotati dello Stato moderno. Molto significativo è il caso del “Bill” dei diritti del 1689 col quale fu stabilito che il Re, senza il consenso del Parlamento, “non potesse sospendere leggi, imporre tributi o mantenere un esercito stabile in tempo di pace senza l’approvazione del Parlamento; che i membri del Parlamento fossero eletti liberamente e godessero di piena libertà di espressione e di discussione; che non vi fossero limitazioni di libertà per i sudditi protestanti.[2]

In America la rivoluzione americana, risultata vittoriosa nella guerra di indipendenza dalla dominazione britannica, portò ad una Costituzione che, grazie al grandissimo ed eccellente contributo di Jefferson, può essere considerata una vera pietra miliare delle libertà. “Basta leggere la Dichiarazione di Indipendenza del 4 luglio 1776 e la successiva Costituzione adottata nella Convenzione di Philadelphia del 1787 per comprendere un passaggio epocale tra l’assolutismo regio e la democrazia. Infatti, la rivoluzione americana ha tracciato un profondo solco in cui sono stati seminati principi e valori maturati nella cultura di stampo illuministico, com’è il principio della divisione dei poteri, tuttora validi non solo in America, ma in molte Costituzioni nate nel secolo scorso, compresa la Costituzione italiana del 1948. Sarebbe troppo lungo fare un elenco dei principi e dei valori presenti nei documenti di Philadelphia. Ci vorrebbero molte pagine solo per riassumere il percorso storico, politico e culturale che fece maturare la Rivoluzione americana. Basta sottolineare che la Costituzione americana, nei suoi elementi essenziali, è ancora valida dopo quasi tre secoli e che nelle prime righe della Dichiarazione di Indipendenza troviamo affermati gli «inalienabili diritti», riferiti alla Vita, alla Libertà e al perseguimento della Felicità. [3]

In Francia la Rivoluzione francese del 1789 portò alla Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino analoga a quella americana. Le alterne e contrastate vicende che seguirono alla rivoluzione francese rispecchiarono le idee, i principi e i valori che comunque caratterizzarono e continuano a caratterizzare lo Stato moderno. Le numerose Costituzioni che si sono succedute in Francia dopo il 1789 risentono dei mutamenti politici via via verificatisi.

Le varie costituzioni nell’Italia risorgimentale ebbero vita breve e furono caratterizzate da lotte sanguinose. Il “Quarantotto” in Italia e nell’Europa continentale richiederebbe una lunga dissertazione storico-politica. Il processo unitario italiano vide confermata la vigenza dello Statuto Albertino fino all’entrata in vigore della Costituzione repubblicana del 1948.

 

I numeri della Costituzione

La scelta dei numeri degli articoli contenuti in una legge non è casuale, ma voluta dal legislatore per dare più o meno importanza e per attribuire particolari significati alla normativa. Ciò deve essere considerato nell’interpretazione sia di ogni singolo articolo e sia dell’intero testo legislativo.

“L’Italia” è la prima parola dell’art. 1, dei 12 “Principi fondamentali” e, quindi, dell’intera Costituzione.

“La libertà” è la prima parola della Parte Prima della Costituzione dedicata ai “diritti e doveri”.

“Il Parlamento” è la prima parola della Parte Seconda Costituzione dedicata allo “Ordinamento della Repubblica”.

Nella Costituzione hanno particolare rilievo i primi 12 articoli. Infatti contengono i “Principi Fondamentali” e sono stati scritti allo scopo evidente di dare senso compiuto ai pilastri su cui si regge l’intero corpo normativo. E poiché i pilastri danno l’idea della stabilità e dell’immobilità, sembra più appropriato dire che i 12 primi articoli della Costituzione e le parole in essi contenuti, sono le gambe con le quali camminano (e devono camminare) tutte le altre regole costituzionali. Il riferimento alle gambe e al cammino sembra appropriato perché le norme costituzionali non hanno solo valore precettivo, ma soprattutto programmatico.

Per “alleggerire” la conversazione sulla Costituzione e per facilitare la memorizzazione di alcuni concetti e parole chiave, si potrebbero abbandonare i canoni interpretativi elaborati dalla dottrina giuridica. Ciò potrebbe risultare “perdonabile” perché queste riflessioni non hanno la pretesa di essere un trattato di diritto costituzionale o di dottrina dello Stato.

E così si potrebbe accostare il numero 5 delle prime parole chiave della Costituzione (L’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro.) alle 5 dita di una mano. La mano e la mente che, collegate, sono alla base della creatività delle opere umane.

Questo “accostamento” ha provato a suscitare “curiosità” e qualche interesse anche perché le parole scritte nelle norme giuridiche, che esplicitano la volontà del legislatore (voluntas legis), sono quasi sempre un freddo accostamento di concetti.

Nel secondo comma dell’art. 1 sono 7 le parole chiave (La sovranità appartiene al popolo che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione).

Il numero 7, nella numerologia, ha parecchi significati, anche magici: i 7 giorni della creazione, le sette note musicali, i sette sigilli del rotolo dell’Apocalisse, i sette colori che compongono l’arcobaleno, i sette colli e i sette re di Roma, i 7 chakra e tanti altri.

Le 5 parole chiave del comma 1, sommate alle 7 del secondo comma, danno come risultato 12.

E 12 sono gli articoli dei principi fondamentali della Costituzione.

Si potrebbe osare di dire che, per una strana coincidenza, i fondamentali della Costituzione italiana si ritrovano nel numero 12 considerato magico nella simbologia di molte culture, comprese le culture esoteriche. Dodici sono i mesi dell’anno, 12 i segni dello zodiaco che corrispondono alle 12 costellazioni toccate dal sole e dagli altri pianeti orbitanti lungo un asse chiamato ellittica, 12 gli apostoli nella tradizione cristiana, 12 le tribù d’Israele, 12 i principali dei del Monte Olimpo nella mitologia greca, 12 le fatiche di Ercole nella mitologia romana, 12 i Paladini di Carlo Magno, 12 i Cavalieri della Tavola Rotonda della Corte di Re Artù. Finanche nella saga di Harry Potter troviamo il numero 12 che ha un significato particolare se si considera che l’Ordine della Fenice, ovvero l’organizzazione segreta che lotta contro il terribile mago oscuro Voldemort e i suoi seguaci, ha il suo quartier generale proprio al numero 12 di Grimmauld Place a Londra.

 

Com’è noto, nella Costituzione sono previsti i casi in cui, a cominciare dal Presidente della Repubblica (art. 91), “i cittadini cui sono affidate funzioni pubbliche hanno il dovere di adempierle con disciplina ed onore, prestando giuramento nei casi previsti dalla legge” (art. 54). Ebbene, la formula del giuramento è di dodici parole: “Giuro di essere fedele alla Repubblica e di osservarne lealmente la Costituzione”. È da sottolineare che non è previsto un testo religioso su cui giurare perché l’Italia è uno Stato laico nel quale vige il principio della libera Chiesa in libero Stato, per come presagito e teorizzato dal visionario Cavour, grande artefice dell’unità d’Italia.

 

La Sovranità appartiene al popolo …

Il contenuto del secondo comma dell’art. 1 completa la portata e il profondo significato del primo comma. È incentrato su 7 parole che spiegano come il “popolo” sia il soggetto al centro delle scelte politiche, economiche, sociali e istituzionali per la buona convivenza in Italia.

Il popolo che non è oggetto e suddito del dominio e degli atti di imperio di un sovrano, ma che è il soggetto cui appartiene la sovranità.

Al riguardo c’è da porre in evidenza che la parola “popolo” la ritroviamo anche nell’art, 101, che è stato scritto in modo lapidario per stabilire che “la giustizia è amministrata in nome del popolo. E nell’art. 102 è stabilito che “la legge regola i casi e le forme della partecipazione diretta del popolo all’amministrazione della giustizia”.

La prima delle 7 parole del secondo comma dell’art. 1 è “sovranità”, il cui significato dà l’idea di chi e di cosa stia sopra a tutto e a tutti. In Italia la sovranità, quella che sta sopra a tutti e a tutto, “appartiene” al popolo, non ad un Re, un imperatore, un Duce, un Führer, un Caudillo, uno Zar, un Papa Re, un Feudatario, un Capitano di ventura, un Capo religioso, un Capo carismatico.

Nel merito della parola “sovranità”, ci sarebbe tanto da dire. È una parola importantissima che ha avuto diversa portata nello svolgersi della storia umana.

Per brevità, mi limito a sottolineare che la parola sovranità nella Costituzione italiana è la prima parola del secondo comma dell’art. 1. La prima parola, posta nel primo comma, è Italia.

È, invece, la prima parola nella sfortunata Costituzione della Repubblica Romana del 1849, che testualmente stabiliva: “La sovranità è per diritto eterno nel popolo. Il popolo dello Stato Romano è costituito in repubblica democratica.”

Nelle teorie costituzionali moderne il concetto di sovranità viene legato al suffragio universale. In Italia il suffragio universale femminile è stato “conquistato” poco più di 70 anni fa in occasione della nascita della Repubblica e della caduta del fascismo. Quello maschile è stato introdotto nel 1912 dal liberale Giolitti.

I Padri e le Madri costituenti scelsero, con riferimento alla sovranità, una formula che fa riferimento all’appartenenza (la sovranità ‘appartiene’ al Popolo). Non furono scelti altri verbi (emana dal popolo, risiede nel popolo, è …etc.) come risulta spiegato nel verbale dell’ampio dibattito e della decisione finale dell’Assemblea costituente. Un verbale da leggere per comprendere le intenzioni e l’altissimo profilo morale, culturale e politico dei legislatori impegnati a scrivere la “Magna Carta” italiana. Faccio un solo esempio. In una delle proposte sulla formulazione dell’art. 1, avanzate dal liberale Cortese, c’era questa espressione che non fu accolta perché ritenuta pleonastica e non necessaria: “Nessuna parte del popolo, nessun individuo può esercitare da solo la sovranità”. [4]

 

…che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione

Le parole “esercita”, “forme” e “limiti” chiariscono, anzi definiscono il modo con cui viene esercitata la sovranità da parte del popolo. È una “sovranità” sottoposta a forme e a limiti. Quindi il popolo decide ed opera nell’ambito delle “forme” e dei “limiti” fissati dalla Costituzione.

Quanto ai “limiti” particolarmente significativo è l’art. 11 che prevede “limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni”.

Altri esempi riguardano le norme concernenti i limiti e le specifiche procedure previsti per le proposte di iniziative legislative del “popolo” di cui all’art. 71 e per il “referendum popolare” di cui agli articoli 75, 87 e 138.

Quindi le “forme” e i “limiti” non sono indefiniti e lasciati al caso. Sono quelli che la Costituzione stabilisce in modo preciso e puntuale:

  • nei 12 articoli contenenti i “principi fondamentali”;
  • nella Parte Prima, dedicata ai “diritti e doveri dei cittadini” (rapporti civili, rapporti etico-sociali, rapporti economici, rapporti politici);
  • nella Parte Seconda, (il luogo dove si parla), che definisce l’Ordinamento della Repubblica (il Parlamento, il Presidente della Repubblica, il Governo, la Magistratura e, infine, le Regioni, le Province e i Comuni;
  • nelle 18 “Disposizioni transitorie e finali”, che si concludono con una formula avente valore non solo rituale: “La Costituzione dovrà essere fedelmente osservata come Legge fondamentale della Repubblica da tutti i cittadini e dagli organi dello Stato.”

Le parole Costituzione, Legge, Repubblica e Stato della citata formula, sono scritte in maiuscolo nel testo firmato dal Capo Provvisorio dello Stato Enrico De Nicola e controfirmato dal Presidente dell’Assemblea Costituente Umberto Terracini, dal Presidente del Consiglio dei Ministri De Gasperi Alcide, dal Guardasigilli Giuseppe Grassi.

È da tenere sempre presente che la Costituzione fece registrare una singolare sintesi fra diverse culture politiche. Ciò è dimostrato anche dalle differenti provenienze politiche dei soggetti che hanno firmato la Costituzione: De Nicola e Grassi erano di area liberale, Terracini di area socialista e De Gasperi di area democristiana.

La sintesi di culture diverse ha consentito di salvaguardare e valorizzare i principi della liberal-democrazia attraverso le forme e i limiti che sono le colonne portanti della Costituzione italiana. Queste colonne sono cinque: l’unità e l’indivisibilità dell’Italia, il metodo democratico, le libertà dell’individuo e delle comunità intermedie, la centralità del Parlamento, la divisione dei poteri.

 

Europa

A proposito dell’Italia come Repubblica soggetta a limiti di sovranità, vorrei concludere le riflessioni contenute in questo articolo ricordando una parola che rappresenta l’entità alla quale siamo legati non per fare guerre, ma per costruire il vero progresso della civiltà umana: Europa.

È una parola che è dentro l’orizzonte politico intravisto da tanti padri costituenti. Mi limito a riportare, al riguardo, alcuni passaggi del discorso di Einaudi all’Assemblea Costituente del 29 luglio 1947 per la ratifica del trattato di pace.

Un discorso che sa guardare al prima e al dopo dei primi passi per costruire l’Europa unita. “Quell’Europa una, che era stata, in varia maniera, l’ideale di poeti e pensatori da Dante Alighieri ad Emanuele Kant e da Giuseppe Mazzini.”.

Einaudi ci avverte che “non è vero che le due grandi guerre mondiali siano state determinate da cause economiche” …” vero è invece che le due grandi guerre recenti furono guerre civili, anzi guerre di religione e così sarà la terza”… “diciamo alto che noi riusciremo a salvarci dalla terza guerra mondiale solo se noi ” saremo capaci di operare “per la salvezza e l’unificazione dell’Europa.” … “L’Europa che l’Italia auspica, per la cui attuazione essa deve lottare, non è un’Europa chiusa contro nessuno, è un’Europa aperta a tutti, un’Europa nella quale gli uomini possano liberamente far valere i loro contrastanti ideali e nella quale le maggioranze rispettino le minoranze e ne promuovano esse medesime i fini fino all’estremo limite in cui essi sono compatibili con la persistenza dell’intera comunità. Alla creazione di questa Europa, l’Italia deve essere pronta a fare sacrificio di una parte della sua sovranità.” Questa “visione” non è una idea di subalternità, ma la consapevolezza di un vero statista. Infatti chiarisce che “scrivevo trent’anni fa e seguitai a ripetere invano e ripeto oggi, spero, dopo le terribili esperienze sofferte, non più invano, che il nemico numero uno della civiltà, della prosperità, ed oggi si deve aggiungere della vita medesima dei popoli, è il mito della sovranità assoluta degli stati. Questo mito funesto è il vero generatore delle guerre; desso arma gli Stati per la conquista dello spazio vitale; desso pronuncia la scomunica contro gli emigranti dei paesi poveri; desso crea le barriere doganali e, impoverendo i popoli, li spinge ad immaginare che, ritornando all’ economia predatoria dei selvaggi, essi possano conquistare ricchezza e potenza. In un’Europa in cui ogni dove si osservano rabbiosi ritorni a pestiferi miti nazionalistici, in cui improvvisamente si scoprono passionali correnti patriottiche” … “urge compiere un opera di unificazione.”

A Maggio del 1948, dopo pochi mesi dal discorso di pace per la pace e per l‘unità dell’Europa come vera e concreta “visione” politica, Luigi Einaudi viene eletto Presidente della Repubblica, il primo Presidente a Costituzione vigente[5].

Antonio Pileggi

[1] Libro Aperto, Rivista trimestrale di Cultura Liberale, n. 107, Ottobre/Dicembre 2021, Le parole chiave della Costituzione, Antonio Pileggi.

[2] Bill of right, Dizionario di storia, 2010, Treccani.

[3] Pietre, Antonio Pileggi, Rubbettino Editore, 2019.

[4] Assemblea Costituente, Seduta pomeridiana di Sabato 22 Marzo 1947.

[5] La Costituzione è entrata in vigore il 1^ Gennaio 1948. È stata firmata e promulgata il 27 Dicembre 1947 a Palazzo Giustiniani, scelto da Enrico De Nicola come sede provvisoria del Capo dello Stato nel periodo che va dal referendum tra Monarchia e Repubblica del 2 Giugno 1946 alla promulgazione.

Articoli correlati

Inizia a scrivere il termine ricerca qua sopra e premi invio per iniziare la ricerca. Premi ESC per annullare.

Torna in alto